Una "Bella" nella collezione Matricardi.

FIG. 1 a,b  

FIG.2  

FIG. 3

FIG. 4a.b

FIG. 5

FIG. 6

 FIG. 7

La maggior parte della maiolica castellana di alto livello consiste in vasellame da farmacia.  Basti pensare all’Orsini-Colonna, di cui sono note poche forme aperte, al “B” e alle tipologie ad esso correlate.  Poiché non è  possibile che i vasai castellani si limitassero a questo, abbiamo sempre considerato fondamentale la ricerca di un contesto.  Di sicuro assieme al vasellame da farmacia furono fatti   oggetti di uso comune, sia bianchi che decorati, destinati talvolta a una committenza di un qualche rilievo.  Il problema è a nostro avviso attributivo, ed è lecito pensare che gran parte di questa maiolica dimenticata sia stata assegnata ad altri centri, in una costante oscillazione fra Napoli e le Marche. 

 

 Per limitarci alla prestigiosa collezione Matricardi,  le due “Belle”  in essa presenti  appartengono appunto alla produzione castellana dell’epoca con destinazione non farmaceutica. 

 

La prima è già nota, essendo stata esposta nella mostra di Teramo del 2012 [1].  La seconda “Bella” è invece inedita (FIG. 1 a,b), e presenta caratteri interessanti.  Si tratta di una giovane donna dipinta a mezzo busto, lievemente di tre quarti, collocata al centro di un piatto la cui tesa è ornata con motivi a triangoli sovrapposti, delineati in arancio su fondo giallo.  Indossa un abito ricamato, con le maniche strette che si dilatano a sbuffo nella parte superiore  e una grande scollatura quadrata, da cui emerge la camicia bianca pieghettata dal collo alto, sottolineato da un collarino rigido.  La testa è parzialmente coperta da un turbante, ricamato con gli stessi motivi a ricciolo del corpetto, da cui pende, sul lato destro del viso, un fiocco o una frangia.  Lo sfondo è blu, interrotto da due zone gialle ciascuna percorsa da una linea blu ondulata disposta verticalmente.  Il retro del piatto, diviso in otto spicchi, è ornato, secondo la tradizione castellana del Cinquecento,  da motivi in blu sommariamente tracciati.  Si tratta per lo più di rombi tagliati in croce, entro i quali si delinea un rosone quadripetalo giallo, mentre il centro è sottolineato da un circolo verde. 

 

Non abbiamo  dubbi di attribuzione:   la “Bella” è di Castelli.   I particolari decorativi sono in piena sintonia con quelli dell’Orsini Colonna.  Sono tipici la serpentina verticale (FIG.2), che si trova anche nei frammenti di scavo, e i motivi a triangoli sovrapposti[2].  Anche l’uso dell’ arancio sulla campitura gialla si ritrova nei frammenti di scavo [3] e nell’Orsini Colonna, che basa talvolta l’ornato proprio su questo particolarissimo contrasto di colore[4] (FIG.3).   

 

La fisionomia stessa della donna  ha tratti caratteristici:  ad esempio, il modo di eseguire la bocca, con una linea centrale e una ricurva a delimitare il labbro inferiore, mentre il resto è affidato al colore,  o la guancia sottolineata in arancio.  E’ confrontabile con numerose immagini femminili sia nel mattonato rinascimentale del museo di Castelli che nel vasellame Orsini- Colonna[5] (FIG.4 a,b)

 

Il pittore è dunque fra quelli che hanno collaborato ai due gruppi, probabilmente per un periodo piuttosto lungo.  

 

La termoluminescenza, che  ha sancito l’autenticità del piatto, tende a dargli una data precoce,  entro la prima metà del Cinquecento. Esaminando l’abito, notiamo che è compatibile con la moda di questo periodo, quale appare nei ritratti coevi.  La scollatura non è libera, ma è velata dalla camicia trasparente chiusa al collo, e questo sembra portare la data in avanti, verso la metà del secolo.   Il punto vita è  però sottolineato nella sua posizione naturale, ben diverso da quello allungato a punta verso il basso che si vede nei vasi dell’Orsini Colonna (FIG. 5).   Nei dipinti dell’epoca, ad esempio in quelli di  Paris Bordon,  Bernardino Licinio, Bronzino e Niccolò dell’Abate, si nota che l’abbassarsi del punto vita rispetto alla sua posizione naturale, con pochissime eccezioni, è graduale a partire circa dalla metà del Cinquecento (FIG.6).  A nostro avviso, anche su questa base la datazione del piatto va posta attorno agli anni Quaranta .  Precederebbe quindi il vasellame Orsini-Colonna, e sarebbe contemporanea alla tipologia che abbiamo denominato “alla porcellana colorata”.  Del resto, se prendiamo in considerazione un esemplare appartenente a quest’ultimo  gruppo , il vaso con Santa Caterina nel museo del Palazzo dei Consoli di Gubbio (FIG.7), notiamo che la santa, sotto il mantello, è vestita esattamente come la Bella Matricardi.  Il vaso reca la data “1548”[6].

La tradizione delle “Belle” è molto diffusa nella maiolica italiana, specie in quella dell’Italia centrale e settentrionale.  Anche se il pittore maiolicaro si serve per lo più degli stessi modelli e spolveri, variando solo il nome qualora esso compaia, le “Belle” costituiscono un omaggio, e forse un dono, a donne reali, molto care ai committenti. Questa produzione doveva costituire una moda diffusa, e una notevole fonte di introiti per le botteghe, che si attrezzavano per farvi fronte.  Pur nell’utilizzo di stilemi tipici della maiolica castellana per le immagini femminili, e senza aspirare ad essere un vero e proprio ritratto, la “Bella” Matricardi sembra volersi accostare a una fisionomia precisa. Non è escluso che i motivi che ornano il retro abbiano, oltre al valore decorativo, un significato apotropaico e bene augurante, in sintonia con la destinazione del piatto.

 


[1] C. Fiocco, G. Gherardi, G. Matricardi, Capolavori della maiolica castellana dal Cinquecento al terzo fuoco, Torino, Allemandi, 2012, scheda n. 3

[2] Motivi a serpentina orizzontali compaiono attorno a ritratti nel mattonato rinascimentale del Museo di Castelli (Le Maioliche cinquecentesche di Castelli,Pescara, Carsa ed., 1989 p. C 14 nn. 3,12; C16 n. 37; C17 n 53). Disposti in verticale, sono frequenti nel vasellame Orsini Colonna (cfr. ad esempio Fiocco-Gherardi – Matricardi, op.cit. 2012, schede n. 5,7,8,9).  Per i motivi a triangoli, altrettanto frequenti, cfr. ad esempio ibidem scheda n. 16.

[3] Le Maioliche cinquecentesche di Castelli 1989 op. cit., tav. 7 n. 23; tav. 10, n. 6; tav. 15, nn. 16,17

[4] L’uso dell’arancio su fondo giallo è particolarmente frequente nel gruppo di cui fanno parte albarelli con rastremazione al centro e brocche col becco a tubetto ripiegato, senza testa di drago (cfr. ad esempio  Fiocco-Gherardi – Matricardi 2012,  op.cit. schede nn. 15,16,17)

[5] Il confronto più immediato è con Madonna del mattonato rinascimentale del museo di Castelli (Le maioliche cinquecentesche di Castelli 1989, op. cit., n.168 ), e anche con la bottiglia del museo Nazionale di Firenze su cui è raffigurato  un giovane in piedi con la spada, a nostro avviso in relazione diretta col il ritratto di Alessandro Farnese di Antonis Mor  (ibidem n. 439) Un altro confronto fisionomico convincente è con il viso di donna nel frammento di mattonella di scavo (ibidem n. 172) e con la “Faustina” (n. 44).

[6] Fiocco-Gherardi, Museo comunale di Gubbio, Ceramiche, Perugia 1995 p.

 


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