"Considerazioni su un pavimento di stile durantino a Perugia".

Carola Fiocco - Gherardi Gabriella. In Italian Reinassance Pottery. A cura di T. Wilson, 1991, pp. 96-100.

 

 

Nel Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza si trova un frammento di mattonella pavimentale, decorato a trofei in «grisaille», e con una ghirlanda di foglie sul bordo (fig. 1).(1) Esso fu donato nel 1932 alle collezioni del Museo dall'avvocato Guido Russo Perez; nella scheda è ovviamente attribuito a Casteldurante, e come tale non aveva mai destato il nostro interesse, visto che stiamo curando il catalogo della ceramica umbra del Museo.

Di recente però abbiamo avuto modo di vedere, grazie al prof. Giulio Busti di Deruta, che da anni si impegna a salvaguardare ed accrescere il patrimonio ceramico del Museo locale, numerosi frammenti di mattonelle simili che l'Azienda Autonoma di Soggiorno di Perugia ha depositato presso il Museo di Deruta (2).è Essi provengono dalla Rocca Paolina, probabilmente dagli appartamenti del governatore. La Rocca fu costruita per decreto di Paolo III Farnese da Antonio da Sangallo il Giovane dopo il 1540, e continuata, dopo la sua morte nel 1546, da Galeazzo Alessi. Distrutta nella parte superiore dopo il 1848, nel 1932 subi un primo limitato restauro; fu probabilmente in quell'occasione che giunse a Faenza il frammento di mattonella. Nel 1964-65 ciò che rimaneva della rocca fu completamente restaurato, e ne vennero ricavati anche locali da esposizione.

Fu in seguito a quest'ultimo restauro che il pavimento giunse al Museo di Deruta.

 Altre due mattonelle quasi intere si trovano inoltre nel Museo Nazionale di Firenze, attribuite allaToscana (3).

Le mattonelle sono giunte a noi frammentate ed in pessimo stato di conservazione (figg. 2-7). La decorazione è a grottesche e a trofei: si tratta forse della pavimentazione di due stanze, o di due diverse fasce decorative. Certamente esse sembrano testimoniare la presenza di più di un ceramista, come risulta evidente anche dalla grande mole del lavoro.
Possiamo notare come la forma delle mattonelle
spesso sia incurvata, probabilmente per seguire l'andamento di stanze circolari. In alcuni particolari di mattonelle a trofei è evidente la raffinatezza dell'esecuzione; vi spicca l'uso di tocchi di bianco su grigio e di nastri graffiti su fondo blu. Talvolta la cottura non è ben riuscita, e il colore è ribollito. 

Anche i motivi a grottesca sono di qualità eccezionale, tratteggiati con un segno particolarmente nervoso e vibrante. Tutte queste mattonelle costituiscono un fregio continuo intercalato da un motivo di colonne a balaustra che ne scandisce la composizione. È interessante notare come le ghirlande di foglie lobate, simili alla quercia, che profilano due lati delle mattonelle siano sempre associate ai trofei d'armi, mentre quelle a foglie allungate di alloro son abbinate ai motivi a grottesca.

Il pavimento proviene dunque da Perugia; tuttavia i colori, la decorazione a trofei e i festoni sono tipici della ceramica durantina. Anzichè pensare ad un'importazione diretta da Casteldurante, ci è sembrato che la soluzione del problema sia da ricercare piuttosto nella presenza della manifattura gestita da Francesco Durantino in una località di Perugia chiamata «Monte Bagnolo».

Dopo aver lavorato a Urbino nella bottega di Guido da Merlino (4),Francesco si trovava sicuramente a Monte Bagnolo nel 1547, data del piatto del British Museum esposto in mostra e a lui attribuito, su cui compare la scritta amote Bagnolo 1547. Egli è autore anche del bacile del Museo Nazionale di Firenze (fig. 8) con la scritta Amote Bagn Peroscia 1549, e di quello dell'Art Institute di Chicago firmato Francesco Durantno vasaro Amote Bagnolo d Peroscia 1553. (5)  Come si vede, la decorazione consiste in istoriati di modi e colori tipicamente marchigiani; le stesse forme dei grandi bacini rinfrescatoi con o senza piede richiamano quelle urbinati, pur con una pesantezza e semplificazione che potrebbe far pensare a un apporto di maestranze umbre.

Le stesse cara tteristiche formali e decorative sono riscontrabilinche su altri tre bacili, uno al Museum fur Angewandte Kunst di Vienna e due al Victoria and Albert di Londra (6). In tutti i bacili compare come
elemento decorativo una ghirlanda di foglie e frutta, che puntualmente richiama quella del pavimento perugino. Possiamo vederla, anche se difficilmente è leggibile per la fusione del colore in cottura, nel bordo interno del rinfrescatoio di Firenze, e nel bordo e attorno al piede degli altri bacili, ad esempio quello di Vienna.

È quindi possibile che Francesco Durantino si sia trasferito in Umbria proprio in seguito a un'importante commissione di pavimenti per la Rocca Paolina.

La chiamata di un ceramista da fuori dell'Umbria potrebbe avere anche una motivazione politica: dopo la «Guerra del Sale», che aveva contrapposto vittoriosamente il Papa alla città di Perugia, la Rocca Paolina era stata edificata come emblema del dominio papale sulla città, e numerosi stranieri erano stati chiamati a occuparvi posizioni importanti in contrapposizione ai perugini ribelli, come ad esempio il durantino Cipriano Piccolpasso, Provveditore della Rocca dal 1559 al 1575 (7).

Si ritiene <comunemente che la presenza di Francesco Durantino e della sua bottega non abbia inciso molto sulla produzione umbra, in particolare su quella derutese. Tuttavia, non bisogna dimenticare che le presenza di Francesco coincide con il periodo di massima attività della bottega del Frate, che già si era mostrato sensibilissimo all'influsso marchigiano, iniziando soltanto dopo il passaggio da Deruta di Francesco Urbini nel 1537 a fare anch'egli istoriati policromi alla maniera urbinate, genere estraneo alla precedente tradizione derutese (8). 
Osservando la produzione del Frate dalla fine degli anni
'40, è possibile notare un cambiamento nelle figure, che diventano più monumentali, e un uso di sfumature brunoverdastre per sottolineare
l'anatomia, molto simile a quello di Francesco Durantino. Ciò avviene, ad esempio
, in una delle numerose targhe attribuibili alla bottega, attualmente nella collezione Cora del Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza, data bile attorno al 1560 per le strette analogie con i pavimenti dell' Abbazia di S. Pietro in Perugia e di S. Maria di Spello (9). 
le forme sono allargate e monumentali, le ombreggiature anatomiche bruno-verdastre, anche se il maestro derutese mostra un segno più nitido ed incisivo rispetto alla linea di contorno incerta e pittorica di Francesco.

A questo proposito, un frammento di coppa del Museo di Faenza, proveniente da scavi di Perugia, presenta un problema attributivo interessante (fig. 9). La parte istoriata sembra influenzata dai modi di Francesco Durantino, anche se il colore è diverso e più attenuato; il tono del blu e la decorazione attorno al piede sono invece frequenti nelle coppe derutesi sia a lustro che policrome. Anche la forma sembra essere tipicamente umbra: si tratta infatti di una grande coppa a parete verticale, benchè il piede più basso e massiccio del consueto ricordi un poco la sagoma del rinfrescatoio di Chicago.

Questa coppa, dovuta alla mano di un ceramista umbro forse appartenente alla bottega del Frate, influenzato da Francesco Durantino, costituisce un documento interessante ed indica come la presenza di Francesco non sia rimasta senza tracce nella ceramica umbra.

 

NOTE

1.  Si veda ora C. FIOCCO-G. GHERARDI, Ceramiche umore, Catalogo Generale del Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza, 5, parte prima (1988), n. 270.

2.  Le mattonelle furono in parte esposte, a cura del prof.Giulio Busti, in una mostra del 1980 nella ex-chiesa di S. Antonio a Deruta.

3· I frammenti del Museo Nazionale di Firenze sono citati ma non riprodotti in Museo Nazionale di Firenze, Palazzo del Bargello: Catalogo delle Maioliche a cura di G. CONTI (Firenze, 1971), nn. 599, 600, 601, 602. [Frammenti simili si trovano pure nel Victoria and Albert Museum, ma non descritti dal Rackham. Ed.]

4.JOHANNA LEssMANN, Herzog Anton Ulrich-Museum Braunschweig: Italienische Majolika, Katalog der Sammlung (Braunschweig, 1979) pg. 183. Inoltre, il piatto con la firma di Francesco Durantino e la scritta In botega a m" guido a merlino p mano a Frdcesco durdtino 1543, attualmente all'Osterreichisches Museum fur Angewandte Kunst di Vienna e riprodotto in Faenza XXIX (1941), III-IV, tav. XXIII a.

5· British Museum, inv. MLA 1895, 12-20, 2, ripr. in T. WILSON, Ceramic Art of the Italian Renaissance (Londra, 1987), n. 94. Museo Nazionale di Firenze, inv. 1784 n. 586, inv. 1825 n. 469, ripr. in G. CONTI, op. cit., n. 35. Art Institute, Chicago, inv. 1966.395, Mary
Waller Langhorne Fund.

6.  Kunsthistorisches Museum, Vienna, inv. A 3070. Victoria and Albert, Londra, inv. C. 2294-I9IO, 5331865, ripr. in B. RACKHAM, Victoria and Albert Museum, Catalogue oj Italian Maiolica (Londra, 1940), nn. 864 e 865.

7.  Deruta si era schierata a favore del papa nella «Guerra 

Sale», ma ciò non le aveva impedito di subire saccheggi e deva stazioni che la lasciarono in condizioni di grave crisi, e per le quali ottenne poi un indennizzo dal papa.

8.  Victoria and Albert, inv. C. 2157-I9IO, ripr. in B.RACKHAM, op. cit., n. 778.

9.  C. FIOCCO-G. GHERARDI, «Una targa della Collezione Cora attribuibile alla Bottega del Frate da Deruta», Faenza LXX (1984), 5-6, pgg. 403-414.

10. Museo Internazionale delle Ceramiche, Faenza, invI053. Frocco-GHERARDI op. cit., n. 271.

 

ILLUSTRAZIONI

 

1 Frammento di mattonella. (Museo Internazionale delle Ceramiche, Faenza).

2-7 Frammenti di mattonelle pavimentali con motivi a trofei e grottesche, provenienti dalla Rocca Paolina di Perugia. (depositi del Museo Comunale, Deruta).

8 Bacile istoriato con la scritta amote Bagn Peroscia 1549, (Museo Nazionele, Palazzo del Bargello, Firenze).

9 Frammento di coppa istoriata proveniente da scavi di Perugia. (Museo Internazionale delle Ceramiche, Faenza).

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