La Maiolica Rinascimentale di Casteldurante.

Collezione Saide e Mario Formica

Fiocco Carola - Gherardi Gabriella, catalogo della mostra Urbania 1997, Ancona 1997

 

 

 

Profilo storico della maiolica durantina nel secolo XVI.

 

Fin dal Medioevo a Urbania si produceva ceramica, come dimostra la nutrita serie dei frammenti di scavo e dei documenti emersi dagli archivi locali. Oltre a questo, l' antica Casteldurante gode di eccezionale prestigio nel campo degli studi ceramici per aver dato i natali a Cipriano Piccolpasso, per essere stata menzionata con onore dal Vas ari, e soprattutto per avere prodotto la stupenda coppa con lo stemma di papa Giulio IL Basta quest'ultima a qualificare la produzione locale, e ad innalzarla al livello dei centri più importanti, come la vicina Urbino. Erano inoltre di origine durantina alcuni fra i più noti maestri di istoriati residenti nella capitale del ducato, e conservavano a lungo l'appellativo di provenienza. Paradossalmente, alla fama non è seguita la conoscenza. Gli studi hanno avuto un andamento alterno, e hanno sofferto per scarsità di verifiche. Si sono infatti per lo più fondati su ipotesi e analogie stilistiche spesso considerate valide ad di là delle intenzioni di chi le ha proposte. Inoltre, la scarsa conoscenza sui centri limitrofi ha contribuito a viziare l'analisi della produzione durantina, portando talvolta gli studiosi ad attribuirle in esclusiva tipologie in realtà prodotte un po' ovunque. È il caso dei trofei marroni su fondo blu, che ora emergono in scavi di Pesaro, e che certamente verranno ritrovati anche altrove, se si continuerà a scavare, o delle coppe con le Belle, probabilmente diffuse in tutto il ducato. Di conseguenza è estremamente difficile, oggi, allestire una mostra sulla ceramica di Casteldurante che sia esauriente e corretta. O ci si attiene alle poche tipologie, per non dire oggetti, documentate, o inevitabilmente si finisce col rappresentare la "maniera durantina", quale è andata  stratificandosi nella prassi attributiva, ovvero il mito di Casteldurante nella storia della ceramica. È questo anche il limite della presente mostra, che non ha la pretesa di essere infallibile nelle sue attribuzioni, e che per alcuni esemplari lascia ampio margine alla discussione. Gli studi non consentono di trarre conclusioni definitive, mentre opinioni i cui presupposti sono ormai da tempo dimenticati continuano a far da base ad attribuzioni divenute ormai tradizionali. Quando le cose stanno così, occorre tornare alle fonti, ripartire ci da documenti e frammenti di scavo, eè quanto si sta cercando di fare, mper orsenza risultati definitivi.


Special exibition of uiorles of art o] the Medioeval, Renaissance, and more Recent Periods, on l.oan at the 50uth Kensington Museum, Londra, South Kensington Museum, june 1862 (catalogo a cura di
]. C. Robinson, ed. riveduta e corretta 1863, n. 5, 159, pp.
4
02-404).

2 Inv. 1975.1.1015.

3 Fu fatta il 12 di settembre 1508 in Casteldurante, Giovanni (Zoan) Maria Vasaro. 

4 Rasmussen, ltalian Majolica in the Robert Lehman Collection, New York 1987, n. 62 p.100.

Lo ritiene infatti una specifica allusione all'indissolubili dei due aspetti del potere papale, spirituale e temporale iop.cit., p. 102)

Speriamo piuttosto, proprio con questa esposizione che ha sede in Casteldurante stessa, di dare impulso alla ricerca storica e archeologica, come è avvenuto per altri centri famosi. Pur non disponendo infatti di tutte le tipologie (mancano, ad esempio, gli splendidi soprabbianchi associati alla ghirlanda di foglie di quercia, fig. 1) essa risulta nel complesso esauriente per quel che riguarda la produzione in generale, e in special modo il vasellame da farmacia.

Qualunque studio sulla ceramica durantina non può prescindere da quello che è il suo esemplare più prezioso, la coppa di Zoan Maria (fig. 2, a-b). Non potendola materialmente far ritornare nella sua terra d'origine, ci limiteremo a riproporre la sua immagine. Un tempo proprietà del sesto duca di Newcastle, poi di Robert Lehman, la coppa fu esposta a Londra nel 1862, (1) e divenne dunque nota molto presto agli studiosi. Il nome della città vi compariva sul retro, rendendo sicura l'attribuzione efocalizzando l'attenzione su un centro capace, già in una data precoce come il 1508, di produrre oggetti di altissima levatura. La coppa si trovoggi nelle collezioni del Metropolitan Museum di New York, in cui è confluita gran parte della collezione Lehman.(2). È ornata con un motivo a grottesche formato da satiri e da quattro putti che sorreggono gli emblemi papali e lo scudo dei Della Rovere, sormontati dal drappo della Veronica, mentre in basso spicca fra trofei d'arme lo scudo dei Manzoli di Bologna. Sul retro, in blu, circondata da un giro di foglie frastagliate, la scritta" 1508 adi 12 de seteb/ facta fui Casteldurat/ Zouamaria vro"(3). 
La coppa, secondo le ricerche del Rackham riassunte e precisate dal Rasmussen nella relativa scheda del catalogo,(4) fu probabilmente fatta eseguire da Melchiorre di Giorgio Manzoli, e donata al papa in segno di gratitudine per averlo chiamato, nel dicembre 1506, a far parte del senato bolognese di recente costituzione, il cosiddetto Consiglio dei quaranta.
L'iconografia fu forse scelta dallo stesso Melchiorre, e costituisce nel suo insieme un omaggio al Della Rovere, alludendo al suo ingresso trionfale in Bologna nel 1506 e al suo ritorno a Roma l'anno successivo, in occasione del quale il papa fu accolto da una enorme quercia dorata issata su un carro, mentre fanciulli alati cantavano le sue lodi. Anche la presenza della Veronica, secondo il Rasmussen, potrebbe avere un significato politico.(5)

Non è possibile stabilire, naturalmente, se Zoan Maria abbia decorato la coppa egli stesso, o piuttosto abbia apposto la firma come padrone di bottega. Generalmente, per motivi di comodo, si allude a lui come all' autore. Gli studiosi della prima metà del secolo, quasi i fondatori della storia della ceramica, erano soliti affermare che egli operava secondo il


Fig. 1. Piatto con stemma, ornato a soprabbianchi e ghirlanda policroma, Casteldurante, c. 1540 (Faenza, Museo Internazionale delle
C
eramiche).



6 G. Ballardini, La maiolica italiana dalle origini alla fine del Cinquecento, Faenza1994 (prima edizione 1938), p. 98;
G. Liverani, La maiolica italiana sino alla comparsa della
p
orcellana europea, Milano s.d., p. 31.

F. Negroni, Nicolò Pellipario ceramista fantasma, in "Notizie da Palazzo Albani", l, 1985, p. 17.

P. Berardi, L'antica maiolica di Pesaro, Sansoni, Firenze, p.  n. 7. Si tratta di una lettera conservata nella Biblioteca Oliveriana di Pesaro (MS 375, Monumenti Rovereschi, voI. IV, lettera 45, c. 131) la cui calligrafia, a detta dell' autore, non corrisponde a quella sul
r
etro della coppa Lehman, ma che potrebbe essere stata dettata a uno scrivano.

9 F. Negroni, op.cit., p. 18, nota 33.

10 G. Castellani, L'arte ceramica a Fano, in "Faenza", XIX, 1931, 2-3, p. 64.

canone faentino, e che lo aveva trapiantato a Casteldurante.(6) Anzi, il Ballardini vedeva in lui il maestro che aveva congiunto la sobrietà cromatica del primo istoriato faentino con un gusto più ricco, volto alla gamma dei gialli, all' origine dello" stile bello" . In realtà, nessun particolare motivo impone a Zoan Maria l'apprendimento del canone faentino.
N
el 1508le officine pesaresi erano in piena attività e avevano già prodotto maioliche di straordinaria bellezza, attirando l'attenzione perfino della marchesa di Mantova Isabella Gonzaga. Degli altri centri marchigiani sappiamo poco relativamente a quest'epoca, ma ci sembra molto plausibile l'attribuzione a officine di Pesaro o Fano delle mattonelle del tipo "Casa Cavassa", collocabili alla fine del Quattrocento, mentre è noto che a Gubbio, anch' essa gravitante sulle Marche e parte del ducato, operavano già i maestri che producevano illustro. È dunque probabile che, per la sua formazione, Zoan Maria non sia dovuto andare troppo lontano.
Quan
to alla sua figura storica, è stata avanzata l'ipotesi che egli possa identificarsi con Giovanmaria di Mariano, più tardi noto con il cognome Viviani, documentato quale testimone a Urbino nella bottega di Girolamo Bartolini il 22 ottobre 1520 assieme a Nicola di Gabriele Sbraghe.
Nell'atto entrambi sono pe chiamati "figuli de Urbino". Giovanmaria di Mariano ebbe in seguito, nel 1538, come allievo Federico Brandani, che divenne poi suo genero.(7) È possibile che egli sia quel "Zuan Maria bochalaro" suddito del Duca di Urbino che l' 8 agosto del 1523 si trovava a Venezia.(8) È anche uno dei capi-bottega il cui nome compare in un documento del 7 agosto 1530, nel quale essi si accordano sul comportamento da tenere nei confronti di alcuni dipendenti dell'arte che avanzavano pretese.(9) Se in precedenza si trovava a Venezia, per quella data è dunque rientrato in Urbino. Un "Giovan Mariaboccalero" È elencato anche nei "Capitoli della Santa Unione degli Artisti Fanesi per ristabilire la pace nella Città" per il 1535, ma in questo caso è assai dubbio che si tratti della stessa person(10).

Le identificazioni sulla base di nomi cosÌ comuni come quello di Zoan Maria lasciano sempre grossi margini di perplessità. Nello stesso tempo, appare strano che un vasaio dotato al punto da produrre un simile capolavoro non abbia lasciato tracce nella documentazione d'archivio.
Altr
ettanto inaccettabile è apparso il fatto che la sua produzione possa limitarsi a due soli esemplari, la coppa di Giulio II e un' altra con la raffigurazione di un tritone che reca in groppa un fanciullo, oggi in collezione privata di Bremen, talmente vicina all' opera firmata da essere indiscutibile. Venne quindi attribuita a Zoan Maria, soprattutto ad opera del Rackham, una serie piuttosto numerosa di piatti e coppe per lo più a grottesche, assimilabili alla coppa originale per un gusto cromatico basato sui toni ambra e azzurro 


Fig. 2 a, b. Coppa con l'emblema dipapa Giulio II della Rovere e grottesche,  Casteldurante, Zoan Maria Vasaro, 1508 (New York,
The Metropolitan Museum of Art)


11 B. Rackham, Der maiolikamaler Giovanni Maria von Castel Durante, in "Pantheon", 2,1928, pp. 435-445; 3,1929, pp. 88-92.

12 Rasmussen, ltalian Majolica in the Robert Lebman Collection, New York 1989, pp. 106-107.

13 Iov. MLA1855, 12-1,59, in T. Wilson, Ceramic Art of ltalian Renaissance, Londra 1987, n. 117 pp. 80-81; inv. 1713-1855, in B. Rackham, Victoria and Alberi Museum, Gtade toltalian Majolica, Londra 1933, p. 59; id, Ilictoria and Albert Muscum, Catalogue
of ltalian Maiolica, 2.vo11., Londra 1940, n. 618.

14 G. Raffaelli, Memorie istoriche delle maiolicbe lavorate in Castel Durante o sia Urbania, Fermo 1846, p. 17.
15 C. Leonardi,I1 pavimento in maiolica della cappella dei conti
Oliva,
in Il convento di Montejioreruino, atti del Convegno del 29 agosto 1979, San Leo 1982, pp. 160-161.

nerastro e per la presenza di ardite figure di giovani, di grandi putti talora dalla testa calva, e di trofei. (11)

Oggi quello che allo studioso inglese appariva come un gruppo omogeneo si presenta invece estremamente diversificato, eseguito certamente da più mani e probabilmente da più botteghe. Caduto il legame con Zoan Maria, cade di conseguenza quello con Casteldurante, e gli autori dei cataloghi più recenti preferiscono estendere l'attribuzione della tipologia a tutto il Ducato di Urbino. Nondimeno il Rasmussen, affrontando la questione a causa di un piattello della collezione Lehman appartenente al gruppo, continuava a considerarlo durantino al di là di ogni dubbio, poiché il colore indicava, a suo avviso, un'origine non troppo lontana a quella della coppa di Giulio II (12) L'argomento attende ancora un riesame approfondito, ma per quanto riguarda il piattello che qui viene presentato alla scheda n.1, anche noi preferiamo attenerci all' attribuzione durantina, seguendo l'indicazione dello studioso tedesco, fra i pochi ad aver avuto la possibilità di istituire un confronto diretto con la coppa firmata. La data non dovrebbe scostarsi molto dal 1510-20, un periodo in cui la ceramica non appare ancora sviluppata nel vicino centro di Urbino.

Alla coppa di Zoan Maria seguono, di sicura esecuzione durantina, i vasi da farmacia di Sebastiano di Marforio. Si tratta di due vasi a corpo globulare ornati a grottesche, con uno stemma non identificato che campeggia entro una ghirlanda, e sul collo un emblema di farmacia con due "F" sovrapposte. Entrambi si trovano a Londra, uno nel British Museum (fig. 3) e uno al Victoria and Albert Museum, (13) e sul primo è scritto che fu fatto l' 11 ottobre 1519 nella bottega di Sebastiano di Marforio in Casteldurante. Il Raffaelli riferisce di quattro vasi che fino al 1837 si trovavano nella farmacia Purgotti di Cagli, e che furono poi portati a Parigi (14). È probabile che i due di Londra ne facessero parte, mentre degli altri due si sono perse le tracce. Grazie alle ricerche di Corrado Leonardi, qualche notizia ci è giunta di Sebastiano, figlio di Antonio di Battista detto Marforio, ricordato in alcuni atti notarili della fine del secolo XV. Alla morte del padre, avvenuta probabilmente attorno al 1505 , prese la guida della bottega paterna, e proseguì l'attività per circa quaranta anni, arricchendosi e ricoprendo cariche civili. Nel 1507, ad esempio, Eleonora Gonzaga lo scelse per far parte dei Priori del Monte di Pietà. Il suo testamento risulta rogato nel 1541, e fu seguito in breve tempo dalla morte (15).

 


Fig. 3. Vaso da farmacia con stemma e grottesche, Casteldurante, bottega di Sebastiano di Ma rforio, 1519 (Londra, British Museum).


16 R. Gresta, "Ne la botega de Sebastiano de Marforio": nuove ipotesi sul Pittore "In Castel Durante", in "CeramicAntica", a. 5, n. 7 (luglio-agosto 1995, pp. 33-53.

17 ]. Mallet, Majolica at Polesden Lacey II: Istonato wares and [igures of birds, in "Apollo", novembre 1992, pp. 340-34l.

18 Per un repertorio delle opere datate, v. G. Ballardini,
Corpus della Maiolica italiana, I, Le maioliche datate al 1530, Roma 1933.

19 ].V.G. Mallet, Xanto: i suoi compagni e seguaci, in Francesco Xanto Avelli da Rovigo, Atti del Convegno Internazionale di Studi; Accademia dei Concordi, Rovigo, 3-4 maggio 1980, Rovigo 1988.

20 Per un' analisi della questione relativa alla presenza di
Giovanni Luca nella bottega Andreoli, v. C.Fiocco G.Gherardi, Museo Comunale di Gubbio, Ceramiche, Perugia 19 8, pp. 33-35.

21 Dopo Burr Wallen (A  Maiolica Panel in the Widener Collection, in NationalGallery of Art, Report and Studies in the History of. Art, Washington, pp. 92-105), la parola definitiva in proposito l'ha 

detta il già citato articolo di Negroni; Nicolò Pellipario
ceramista fantasma.

Per analogie stilistiche e soprattutto cromatiche con le grottesche dipinte sui duvasi da farmacia dcui sopraè statipotizzato che abbia operato presso Sebastiandi Marforio un notissimo maestro di istoriati il cuinome non ci è pervenuto,(16) e che viene generalmente chiamato "In Casteldurante Painter", (17) poiché è solito scrivere sul retro delle sue opere, in giallo, il luogo e la data di esecuzione. Egli dipinge per lo più coppe su basso piede, e risulta attivo all'incirca dal 1524 al 1526 (fig. 4) (18)
Secondo la consuetudine il pittore deriva i propri modelli dalla grafica, specie raffaellesca, e non appare particolarmente abile nella trasposizione, nella quale mostra anzi rigidezza e talune incertezze. Deve però il proprio fascino alla gamma fredda e luminosa dei colori, e al nitore delle figure ombreggiate a grisaille. L'unico istoriato presente in questa mostra, la coppa con la Resurrezione (scheda n. 2), non appartiene alla sua mano, poiché il segno è diverso e manca il gusto della lumeggiatura in bianco.
C'è però una somiglianza nella stilizzazione delle figure, che spiccano monumentali sullo sfondo del paesaggio, denotando una certa affinità.
È opinione comune che l'istoriato abbia avuto grande rilievo nella produzione durantina. Erano di origine durantina Guido Fontana, forse il più importante dei capi-bottega urbinati, e il pittore FrancescDurantino, che lavorò presso Guido di Merlino e più tardi si trasferì a Montebagnolo nei pressi di Perugia. Sforza di Marcantonio de Julianis proveniva da Casteldurante,(19) pur lavorando a Urbino e Pesaro, come pure quel Giovanni Luca che Maestro Giorgio Andreoli chiamò presso di sé per dipingere istoriati nel 1525 (20). È impossibile però stabilire quanto avessero appreso dell' arte nella cit natale, e quale ruolo questa ricopra nell'enorme sviluppo e diffusione che l'istoriato assume ad Urbino a partire circa dal 1520. Purtroppo, la fama di Casteldurante nel campo dell'istoriato si basa su un equivoco, forse il più famoso ed esemplare nella storia della ceramica, secondo il quale il grande Nicola da Urbino era da identificarsi con Nicolò Pellipario, padre di Guido Durantino-Fontana. Avrebbe di conseguenza svolto la prima parte della sua attività in Casteldurante prima del trasferimento a Urbino, dove Guido è attestato da11519 e dove gestiva una bottega nella quale avrebbe lavorato saltuariamente anche il padre. Il nome di Nicola in monogramma compare infatti su un grande piatto col Martirio di Santa Cecilia del Museo del Bargello, eseguito presso Guido nel 1528.

Col senno di poi, sembra impossibile che l'equivoco abbia resistito tanto a lungo, e sia stato sostenuto da studiosi di grande serietà come il Rackham e il Ballardini. Oggi si sa che l'identificazione era affrettata, che il Nicolò Pellipario padre di Guido, della famiglia Schippe, faceva probabilmente il pellicciaio, come il suo soprannome implica, mentre il maiolicaro Nicola era del tutto urbinate (21). È stato un brutto colpo, per la maiolica durantina, vedersi sottrarre quello che molti considerano il più dotato fra i maestri di istoriato.  


Fig. 4. Coppa con Madonna, Bambino e S Giovannino, Casteldurante, Pittore "in Casteldurante", 1525 (Arezzo, Museo Statale d'Arte Medioevale e Moderna).


22 B. Rackham, Op. at., Londra 1940, II, pp. 577-585.

23 M. Mancini della Chiara, Maioliche del Museo Civico di Pesaro, Regione Marche e ComunediPesaro, 1979,n. 105.
24 Sono datate" 1546" due coppe rispettivamente nel Kunstgewerbemuseum der Stadt di Colonia e nel Victoria and Albert di Londra (in B. Klesse, Majolika, Koln 1966, n. 290,
p.157,einB.Rackbam,op.cit., 1940, n. 590). Inoltre al Victoria and Albert è anche una coppa con immagine maschile, "Francesco D Lorenzo", datata "1559" (ib., n. 592)

25 Inv. Cluny 7552, in ]. Giacomotti, Catalogue des majoliqu es des mues nattonaux, Parigi 1974,n. 804, pp. 245-246.

26 B. Rackbam, op.cit., 1940, nn.552-558.

27 G. Polidori, Nicco Pellipario e le'Belle" di Pesaro e altrove, in "Studi Artistici Urbinati", 1956,2,pp.57-70.

CoNicola presenta alcune analogiestilistiche il pittore "In Casteldurante", tanto che un tempo era noto con l'appellativo poco lusinghiero di "Pseudo- Pellipario", (22) ma questo è dovuto agli scambi continui fra Casteldurante e Urbino, che favoriscono il formarsi di manierismi comuni.

La supposta durantinità di Nicola ha fatto sì che venisse attribuita a Casteldurante anche una numerosa serie di "Belle", molte delle quali venivano ritenute di sua mano. Si tratta di immagini di donna a mezzo busto, di profilo o di fronte (più raramente maschili o di coppie), eseguite per lo più su una forma tipica della produzione marchigiana, la coppa dal piede basso e dalla parete leggermente incurvata. Dietro di loro si svolge un cartiglio su cui è scritto il nome seguito dall' appellativo "Bella", talvolta abbreviato nella "B" iniziale. Raramente sono ritratti veri e propri. I ceramisti disponevano di alcuni modelli che utilizzavano ripetutamente, cambiando il nome e qualche particolare decorativo. Le "Belle" come genere sono diffuse un po' ovunque nella maiolica rinascimentale, con particolare riguardo a Deruta e al ducato di Urbino.
Erano probabilmente omaggi che i giovani facevano alle innamorate, assimilandole, dove il nome lo consentiva, a personaggi della storia e della leggenda: così la "Bella Marfisa" sarà fornita di armi, e Lucrezia avrà un pugnale per difendere la propria castità.

Il più antico esemplare datato a noi noto si trova nel Museo Civico di Pesaro, è del 1522 e rappresenta il profilo armato di Faustina, circondato da una ghirlanda (23). Si può dunque supporre che il genere abbia avuto inizio verso il 1520, in coincidenza col fiorire della ceramica urbinate, e sia durato fin oltre la metà del secolo (24). La "LIONORA BELLA” qui esposta (scheda n. 3) non appartiene certo alle versioni più eleganti, è però l'unico esemplare disponibile per rappresentare una tipologia così importante, e trova una corrispondenza precisa in una coppa del Musée national de la Renaissance di Ecouen recante la stessa immagine e la stessa scritta (25).
È estremamente probabile che le "Belle" appartengano a tutti i principali centri del ducato, non esclusa Gubbio, dove Maestro Giorgio Andreoli assumeva decoratori provenienti da Casteldurante e Urbino, e dove furono, a nostro avviso, eseguite per la maggior parte quelle arricchite col lustro. A Casteldurante la loro presenza è finora testimoniata da qualche frammento di scavo, senza però assumere nel contesto un particolare rilievo. Come abbiamo visto, la tradizionale attribuzione durantina di questa affascinante tipologia ceramica si lega inizialmente al "Pellipario".
A lui il Rackham attribuisce una serie di coppe con busti maschili e femminili nelle collezioni del Victoria and Albert Museum di Londra,(26) seguendo l'indicazione del Falke e col pieno consenso degli altri studiosi di ceramica, fra cui il Polidori." Con particolare insistenza, al "Pellipario " 


28 Per un elenco delle coppe appartenenti a questa serie, v.
]
. Rasmussen, op.cit., 1989 pp. 244-245.

29 R. Gresta, op.cit., 1995, p. 193 e fig. 101 (Museo Internazionale delle Ceramiche in Faenza, collezione Fanfani, inv. 24935); C. Ravanelli Guidotti, Maiolzche italiane. Collezione Chigi Saracini del
Monte dei Paschi di Siena,
Firenze 1992, n. 12, p. 107.
30 Berardi, op.cit., 1984, fig. 89, p. 297.

veniva attribuito un gruppo di coppe di eccezionale qualità, recanti le immagini a mezzo busto di uomini illustri e donne della storia e della leggenda, fra cui la "CARENDINA" (fig. 5) della collezione Lehman, oggi al Metropolitan Museum di New York, e lo "SCANDERBECH" della collezione Gillet ( Mue Lyonnais des Arts Décoratifs).(28)

Col tramontare dell'ipotesi durantina per Nicola, restituito alla sua patria urbinate, si potrebbe pensare che queste ultime coppe, e le "Belle" in genere, venissero di conseguenza attribuite altrove. È interessante constatare come questo generalmente non avvenga, e come l'attribuzione a Casteldurante persista su basi diverse. Il Rasmussen, ad esempio, ritiene che il gruppo "Carendina" sia stato eseguito nella bottega di Zoan Maria Vasaro, e ne anticipa quindi la data almeno al 1510-20. Altri preferiscono
un
'associazione stilistica col pittore "In Casteldurante", e vi includono anche le "Belle" dipinte al centro di piatti in bicromia blu - grisaille, ornati attorno alla tesa da trofei e grottesche, fra cui uno particolarmente raffinato si trova nella collezione Fanfani del Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza.(29) In questo caso la data andrebbe posta circa alla metà degli anni Venti, in accordo con un esemplare del 1526 nella Wallace Collection di Londra. Tuttavia, per quel che riguarda la cronologia, assume particolare importanza un piatto qui esposto (scheda n.10) datato" 1541", vicinissimo a quello Fanfani nella stilizzazione dei trofei e nella finezza del tratto e della gamma cromatica, che suggerisce un protrarsi di questa elegantissima tipologia ben oltre l'opinione corrente.
Accanto a questa versione dell'ornato a trofei, accuratissima e un po' fredda, se ne afferma verso la metà del secolo una più sbrigativa, in cui scudi, armature, faretre e tamburi sono velocemente delineati in marrone su un fondo blu solcato a sgraffio da nastri ricurvi. Essi circondano la tesa di numerosi piattelli (schede nn.14-17), che spesso recano al centro amorini in vari atteggiamenti su un fondo giallo, affiancati talvolta da arbusti privi di foglie. Nei reperti di scavo durantini questi amorini si trovano spesso, e questo consente di attribuire con certezza i piattelli alla produzione locale. Anche i trofei marroni su fondo blu compaiono nei frammenti di scavo, tuttavia il fatto che siano stati trovati con caratteristiche simili nel sotto suolo di Pesaro (30) fa pensare che siano diffusi anche in altri centri del ducato. Questo consente un margine di incertezza nell' attribuzione a Casteldurante del corredo da farmacia con l'emblema della Fortuna (schede nn.18-23), fra i più importanti nella maiolica cinquecentesca italiana, datato in alcuni esemplari "1579" e in altri "1580". I vasi che ne fanno parte si distinguono per l'immagine della dea nuda, in piedi su un delfino, in atto di reggere una vela, spesso raffigurata con qualche piccola variante oppure in controparte. Il resto della superficie è ornato a trofei


31 Ringraziamo il dr. Gian Carlo Bojani per il suggerimento. L'antico nome di Fano, "Fanum Fortunae", era dovuto alla presenza di un
tempio della Dea Fortuna nell'antico centro romano. D'altro canto esiste, in possibile collegamento con I'iconografia di questo corredo farmaceutico e con la sua cronologia, la statua della Fortuna in bronzo, collocata sulla fontana al centro della cit, ope-
ra dell'urbinate Donnino Ambrosi, del 1567.

32 V. ]. Giacomotti, op.cit., 1974, nn. 979-992.

33 Inv. 1963.302, in C. Curnow,   Italian Maiolica in tbe National 

Museums of Scotland, n. 81, p. 73.

34 G. Raffaelli, op.cit., 1846, p. 59.
35 A. Ragona, Maiolicbe casteldurantine del sec. XVI per un committente siculo-genovese, in "Faenza", LXII, 5-6, pp. 106-109.

36 Col termine "alla veneziana" si intendono, secondo il
Piccolpasso, gli ornati a grandi foglie frastagliate.

di armi, fra i quali spiccano talvolta cornucopie o cartigli contenenti la data. Non è stata individuata la farmacia di appartenenza, a meno che l'emblema non sia da mettere in relazione con l'antico nome diFano, "Fanum Fortunae" (31). È un corredo numerosissimo, disperso in collezioni pubbliche e private, di cui un nucleo rappresentativo si trova nei musei nazionali francesi del Louvre e di Ecouen.(32)
L'iconografia della Fortuna come divinità marina non è frequente, e deriva probabilmente da stampe di Baccio Baldini o di Nicoletto da Modena. Si ritrova simile su un piatto del Royal Scottish Museum di Edimburgo, che reca sul retro la scritta "Fuortuna" (33)

Il vasellame da farmacia a trofei, che nel corredo con la Fortuna trova una delle sue versioni più belle, continua ben oltre la fine del secolo, variando gli emblemi a seconda della committenza e diventando via via meno accurato. Lo schema decorativo a trofei con una zona risparmiata a fondo giallo su cui spicca l'emblema si ritrova ancora nel corredo con l'Angelo (scheda n.24), già secentesco, che reca il cartiglio nella parte posteriore, per facilitare la presa allo speziale. È a partire dalla metà circa del secolo XVI che l'importanza di questo vasellame nella produzione durantina sembra accentuarsi, e dare luogo a grosse ordinazioni destinate all' esportazione. Alcuni documenti già menzionati dal Raffaelli,(34) ma letti e correttamente interpretati da Antonino Ragona nel 1976 (35) forniscono informazioni preziose. Da essi risulta che il genovese Nicola Canizia, abitante a Palermo, stipula significativi contratti con alcuni vasai durantini.
I
l 24 novembre del 1548 egli impegna il vasaio durantino Ubaldo della Murcia ad eseguire sei fontane a decorazione plastica di cui egli stesso fornisce il disegno, intendendo con questo nome forse grossi vasi forniti di rubinetto al centro del ventre, che andavano collocati in nicchie fuori o dentro le abitazioni. Due giorni dopo, i126 novembre, stipula un altro contratto con i maestri vasari Luca ed Angelo Picchi per la fornitura di una grossa quantità di vasellame di varia misura e forma, in gran parte decorato a trofei e alla veneziana, alla cui realizzazione parteciperanno anche Ubaldo della Murcia, suocero di Luca, e il maestro Simone di Pietro da Colonnello. Il 22 febbraio 1550 il Canizia commissiona a Ubaldo altre tre fontane, "bene pinte et di belli colori" con storie bibliche, mitologiche e tratte dalla storia romana, che avrebbero dovuto essergli consegnate in Firenze, dove doveva avere un recapito o un rappresentante. Contemporaneamente impegna Luca Picchi per un'altra partita di vasellame, fra cui "50 Albarelli pinti a trophei (grandi) e a quartieri", e altri alla venetiana.(36) Nell' ambito di quella forni tura il maestro Guido Bernacchia si obbliga presso lo stesso notaio, il 25 del mese, a fornirgli "vasa 300 spetiarie". A proposito dei vasi viene specificatonel contratto


Fig. 5. Coppa con zl profilo di "CARENDINA", Casteldurante, Zoan Marza Vasaro?, C 1510-'20 (New York, The Metropolitan Museum of Art).

 


37 V. note 14 e 15, eC. Grigioni, Figulini di Castel Durante a Roma nel Cinquecento, in "Faenza", XXXI, 1945, p. 84.
38 C. Leonardi, op.cit., 1982, p.164.

39 Ibidem, p. 165. Si tratta forse di quel Diomede Durante nella cui bottega il pittore Giovan Paolo Savino, nel 1600, eseguì i grandi vasi biansati ornati a "raffaellesche" e a fogliame, ossia "alla
veneziana", conservati nell'Ashmolean Museum di Oxford (T.Wilson, Maiolica, Oxford 1989, n. 29, p. 66.

40 Ibidem, p.168.

41 A. Ragona, op.cit., p. 109.
42 R.E.A. Drey, Pots de pharmaCle du duché d'Urbino à décor dit "istoriato", in "Revue d'Histoire de la Pharmacie", n. 32,1985, pp.
5
-12; 34,1987, pp. 195-200

col Picchi, che debbono essere " ... colorata pulcri coloris et alba secundum monstram seu paragonem existentem et positum penes me notarium." Il 26 un altro vasaio, Giovanni Giacomo Superchina, partecipa alla commissione Picchi impegnandosi a fornire, fra l'altro, trecento pezzi da spezieria fra cui venticinque albarelli alla veneziana.

I vasai menzionati risultano anche nei documenti di archivio rintracciati dal Raffaelli, dal Grigioni e dal Leonardi: (37) i Picchi sono attestati fin dal 1498, e i due fratelli Ludovico (Luca?) ed Angelo reggono la bottega a cavallo della me del secolo. Il Leonardi cita per il 1562 un'altra ordinazione di quattrocento vasi da farmacia tramite Andrea Boerio di Palermo, a proposito della quale sorge una questione giudiziaria per un ritardo nella consegna.(38) In seguito i due fratelli si trasferiscono a Roma dove, in data 1 luglio 1565, affittano una bottega nel rione Monti e dove Ludovico muore nel 1579. Giovanni Giacomo Superchina è figlio di Girolamo e nipote del primo esponente documentato della famiglia, Giacomo, attivo fra la fine del secolo XV e gli inizi del successivo. Nel 1548 affitta la propria bottega a Simone Superchina, nel 1570 si mette in società con Nicola Bistugelli di Sassoferrato e nel 1579 è anch' egli a Roma, dove abiterà anche il figlio Diomede.(39) Quanto a Simone da Colonnello, si tratta probabilmente di Simone di Pietro Francesco Marini, che regge a lungo la bottega paterna fino alla morte, avvenuta nel 1580. (40)

Non si conosce la destinazione del vasellame da farmacia che con tanta abbondanza veniva acquistato dal Canizia. Poiché questi abitava a Palermo, è plausibile che dovesse essere inviato in Sicilia, malgrado la consegna di alcune "fontane" a un recapito fiorentino, che poteva costituire una tappa intermedia nel viaggio verso il sud.(41) A questa conclusione induce anche la commissione dell' altro mercante palermitano, Andrea Boerio. Per quel che riguarda il vasellame, si tratta senz'altro di quei numerosissimi albarelli e vasi a balaustra di uso farmaceutico ornati a trofei e grottesche entro quartieri, oppure a istoriato, dai colori vivacissimi, sui quali compare talvolta il nome della città e che datano appunto attorno alla metà del secolo. I vasi hanno un caratteristico profilo ondulato, con lieve restringimento centrale, mentre gli albarelli sono di varie dimensioni e forme, alti e stretti, più bassi e allargati, oppure con accentuata rastremazione centrale. Basandosi sugli stemmi che compaiono su una parte dei vasi, è possibile enucleare almeno due corredi. Il primo, di cui fa parte 1'albarello alla scheda n. 9, è stato esaminato dal Drey in due studi successivi comparsi sul bollettino della Soc d'Histoire de la Pbarmacie francese nel 1985 e nel 1987.(42) È contrassegnato da uno scudo ovale su cui è un bue davanti a una torre sormontata dsette stelle d'oroil tuttattraversato da una banda rossa.


43 G. Gardelli, A gran fuoco, mostra di maiolicbe nnascimentali dello stato di Urbino da collezioni private, Urbino 1987, p. 124.

44 Inv. OA 1892, in]. Giacomorti, op.cit., 1974, n. 792, p. 240.

45 RE.A. Drey, op.cit., 1985, p.12.

46 M. Mancini Della Chiara, op.at., 1979, nn. 236, 238.

47 C. Fiocco, G. Gherardi, Ceramiche Italiane dal Rinascimento al Barocco, Faenza 1986, pp.74-75. La possibile lettura del nome Ludovico, estremamente difficile visto che le lettere non sono affatto chiare, ci è stata suggerita da Tirnothy Wilson, in analogia
alla scritta sull' albarello Bayer citato più oltre.

48 Sévres, Mue Natiol de la Céramique, inv. 4625, in J.
Giacomotti, op.ctt., 1974, n. 794, p. 241.

49 Invv. Cluny 2372 e 2373, in ]. Giacomotti, op.cit., 1974, nn. 795, 796, pp. 241-242.

50 Inv. Fraternita dei Laici 14614, in C.D. Fuchs, Maioliche istoriate rinascimentali dell'vI useo statale d'arte medioevale e moderna di
Arezzo, Arezzo 1993, n. 217, p.233

 
Per ess
o sono stati fatti i nomi delle famiglie Della Torre di Ravenna e Torelli di Forlì.(43) L'altro corredo ha invece uno scudo con un leone rampante, ai lati del quale sono le iniziali "G" e "F" (fig. 6). Talvolta, frammisti alla decorazione, si trovano cartigli che specificano il luogo di produzione e la data, rendendo sicura l'attribuzione. Citeremo ad esempio un albarello del Louvre con lo stemma del bue davanti alla torre, che reca entro l'ornato a grottesche e trofei la scritta "in Castello durante", seguita da una data che la Giacomotti legge "1541",(44) ma che il Mallet ritiene sia invece" 1562" o "1563" (45) Questo si accorderebbe con la data "1563" su un vaso a balaustra e un albarello dello stesso corredo conservati nelle collezioni del Museo Civico di Pesaro.(46) Assai simile all'albarello del Louvre è un esemplare in collezione privata, su cui si leggono le parole "Fatto in Castello Durante", e forse il nome Ludovico.(47)
Un albarello di forma diversa, più bassa e larga, non stemmato, anch' esso ornato con grottesche e trofei entro quartieri e con un profilo di "Bella" entro una ghirlanda porta la scritta "in castello Durante apreso a urbino miglio 7", e la data" 1555" (48) mentre su altri due del museo di Ecouen si legge rispettivamente "in terra durante" e "fato in tera durante apreso a la cita durbino" (49) È legittimo collegare questo vasellame con le cospicue ordinazioni citate nei documenti. A riprova, su alcuni vasi ricorrono i nomi degli stessi artefici: "mastro Simono" su un vaso a balaustra della serie del Leone rampante nelle collezioni del Museo delle ceramiche di Faenza, eseguito "In Castello durante" il 20 giugno 1562,(50) "Ludovico Picchi" su un albarello inedito della collezione Bayer della serie "bue davanti alla torre", come ci comunica Timothy Wilson che si accinge ad illustrarlo in un catalogo in fase di pubblicazione. Impossibile dire se si tratti proprio del vasellame commissionato dal Canizia, visto che i vasai durantini avevano certo anche altri committenti; la tipologia dovrebbe però essere quella.

Si tratti di figure grottesche o di veri e propri istoriati, le decorazioni su questi vasi, e in particolare sul corredo datato" 1563" e stemmato col bue davanti alla torre, corrispondono allo stile di un pittore chiamato convenzionalmente "Andrea da Negroponte". Il nome, che non trova riscontro nella documentazione d'archivio, si trova scritto dietro una coppa baccellata del Museo Medievale statale d'arte e moderna di Arezzo con la rappresentazione della gara tra Apollo e Marsia (fig. 7), e il fatto che venga subito dopo l' enunciazione dell'" argomento" fa pensare alla firma del pittore. Andrea ha una maniera così caratteristica, un po' scoordinata e vivacissima anche nei colori, da risultare facilmente riconoscibile. Il repertorio delle opere che gli sono attribuite risulta assai ricco, e reca date 

 


Fig. 6. Vaso da farmacia con stemma e grottesche, Casteldurante, Maestro Simone, 1562 (Faenza, Museo Internazionale delle Ceramiche)

 


51 Ibidem, nn. 217 -231, secondo le attribuzioni del Fuchs.
52 J. Lessmann, Italienische Majolilea, Braunschweig 1979,
nn.l02-121.

53 Ibidem, p.148.

54 A. Alciati, Emblemata, Venezia 1534.

55 G. Vasari, Le Vite de più eccelenti Architetti; Pittori, et Scultori Italiani, G. Milanesi ed., Firenze 1881, VI, p. 581.

comprese fra il 1550 e il 1565. Nello stesso museo di Arezzo ne sono conservate altre,(51) mentre un grosso nucleo si trova nell'Herzog Anton Ulrich Museum di Eraunschweig. (52) Sotto il suo nome hanno finalmente trovato una collocazione opere in passato attribuite alle località e alle botteghe p disparate, da quella" con i draghi" a Giorgio Picci a Guido di Merlino.(53) In questa mostra è presente un piattello istoriato eseguito da Andrea (scheda n. 8), del servizio "SAPIENS DOMINABITUR ASTRIS", co chiamato dal motto che lo contraddistingue. È tratto da uno degli "emblemata" dell'Alciati ("Astra regunt homines, sapiens dominabitur astris, et poterit notis cautior esse malis"),(54) e sormonta uno stemma non identificato, di cui sembrano far parte la quercia dei Della Rovere e l'aquila dei Montefeltro.

L'identificazione del cosiddetto Andrea da Negroponte come pittore del corredo farmaceutico con lo stemma del "bue davanti alla torre" implica che egli abbia lavorato a Casteldurante, presso la bottega di Ludovico Picchi o di qualcuno degli altri vasai che collaboravano con lui. Attorno alla metà del secolo, egli è l'unica presenza sicura nel panorama durantino.
Ep
pure proprio in questo periodo la città riceve, sul tema dell'istoriato, l'omaggio del Vasari. Questi, nella seconda edizione delle Vite, pubblicata a Firenze nel 1568, narrando la vita di Battista Franco, riferisce che il duca di Urbino Guidubaldo II e il pittore Girolamo Genga non erano rimasti contenti degli affreschi eseguiti da Battista nella cattedrale, meno belli rispetto ai disegni: "E nel vero per fare un bel disegno Battista non avea pari e si potea dir valente uomo. La qual cosa conoscendo quel Duca e pensando che i suoi disegni, messi in opera da coloro che lavoravano eccellentemente vasi di terra a Castel Durante, i quali si erano molto serviti delle stampe di Raffaello da Urbino e di quelle d'altri valentuomini, riuscirebbono benissimo, fece fare a Battista infiniti disegni, che messi in opera in quella sorte di terra gentilissima sopra tutte l'altre d'Italia, riuscirono cosa rara. Onde ne furono fatti tanti e di tante sorte vasi, quanti sarebbono bastati e stati orrevoli in una credenza reale, e le pitture che in essi furono fatte non sarebbono state migliori, quando fussero state fatte a olio da eccellentissimi maestri". Il duca mandò poi, del vasellame co ottenuto, una credenza doppia all'imperatore Carlo Quinto e una al cardinale Farnese suo cognato. Il Vasari prosegue con altre considerazioni sulla ceramica e conclude dicendo che "... ancora che di sì fatti vasi e pitture si lavori per tutta Italia, le migliori terre e più belle nondimeno sono quelle che si fanno, come ho detto, a Castel Durante, terra dello stato d'Urbino ... “(55).

Non si potrebbe desiderare un elogio migliore. 


Fig. 7. Coppa baccellata con la Contesa fra Apollo e Marsia, Casteldurante, Andrea da Negroponte, c. 1558-'60 (Arezzo, Museo
Statale d'Arte Medioevale e Moderna).


56 T.M. Clifford, ].V.G. Timothy-MalletBattistFranco as a Designer for Maiolica, in "Burlington Magazine", 118, 1976, p. 400.

57T Wilson, Maiolzca, Oxford 1989, n. 29, p. 66

 

Rimane il dubbio, visto chlo stildeNegropontnon appartale da corrispondere a una cosìalta reputazione, che qualcosa sfugga alla nostra conoscenza, o che il Vasari equivocasse volendosi riferire ai Fontana di Urbino, originari di Casteldurante. (56)

In ogni caso,lasciando da parte l'istoriato, verso la fine del secolo la produzione durantina appare quantitativamente notevole, soprattutto se ad essa si aggiungono le opere dei vasai emigrati a Roma, quali il già citato Diomede Durante e il decoratore Paolo Savino. Essi sono gli autori di vasi da farmacia biansati (57) e di albarelli, in cui uniscono il decoro "alla veneziana" a foglie blu con una versione rapida e compendiaria delle raffaellesche, eseguite anche ad Urbino dai Fontana e dai Patanazzi.
Queste ultime, assieme alle p tarde repliche dei trofei, continuano ad essere in uso per tutto il secolo successivo ed oltre, acquistando via via una loro propria fisionomia, ben distinta sia da quella più grafica di Urbino che da quella p vivace e caricaturale di Deruta. Ma ormai non si può più parlare di ceramica durantina, ben più propriamente di Urbania, nome che la città assume a partire dal 1636.

 

 



SCHEDE

 

 

1. PIATTO


Maiolica

Diam. cm 22,4; h. cm 5,2

Colori: blu, verde, giallo, giallo arancio
Cons.: buona

 

Il piatto, dal profondo cavetto, è ornato attorno alla tesa da un'elaborata serie di trofei, con elmi, scudi, fiaccole ecornucopie. Fra di loro si inseriscono simmetricamente due draghi affrontati. Al centro,entro un tondo incorniciato da una ghirlanda stilizzata, è raffiguratouno stemma non identificato, affiancato dalle lettere "B" e "C". Sul retro, bande e filetti blu.

La tipologia decorativa, caratterizzata dall' andamento simmetricodei due mostridagrottescae dei trofei, fraiqualispiccanocornucopie e collane, e dai colori intensi sul fondo blu scuro, collega ilpiatto alla famosa coppa di Giulio II della Rovere, oggi alMetropolitan Museum of Art di New Y ork, eseguita a Casteldurante nel 1508 da Zoan Maria Vas aro (cfr. B. Rackham, Der majolikamaler Giovanni Maria von Castel   Durante I,   in Pantheon 2, 1928, figg. 7 e 8,p. 438). Anche se il piatto non   appartiene di sicuro alla stessa mano, si può dunque  ragionevolmente proporlo come produzione durantina, e datarlo all'incirca allo stesso periodo.

 

Bibl.: Sotheby's, New York, European Works of Art ... , 9-10 gennaio1966, n. 21, p. 32.

 

CASTELDURANTE, CIRCA 1510-1515

 

2. COPPA


Maiolica

Diam. cm 22; h. cm 4,1

Colori: blu, verde, giallo, giallo arancio, bruno
Cons.: buona


La coppa, su basso piede, reca la scena della Resurrezione: Cristo è in piedi sull' orlo del sepolcro, con una mano benedice, con l'altra tiene un vessillo, mentre un angelo sorregge il coperchio. Tre soldatisono a terra, storditi. AlI' orizzonte una striscia gialla sul paesaggio montuoso sembra indicare il sorgere del sole, mentre davanti il terreno è troncato in zolle lobate.

Il piatto potrebbe essere stato eseguito da un decoratore molto vicino al Pittore "in Casteldurante".
A
nche se lo stile presenta alcune caratteristiche diverse (manca, ad esempio, l'uso di tocchi e sfumature di bianco per ottenere effetti chiaroscurali sia nelle figure che nel paesaggio), la monumentalità e semplificazione delle figure, nonché alcuni caratteristici profili denotano la conoscenza dei modi di questo raffinato pittore durantino. Le zolle scoscese davanti al sepolcro compaiono anch'esse in un piatto attribuito al Pittore "in Casteldurante" o a lui molto vicino, con Sacra Famiglia e San Giovannino (Christie's, Londra, European Ceramics, 25 febbraio 1991, n. 52). Propendiamo dunque per un'attribuzione a Casteldurante, anche se non è possibile escludere completamente una provenienza urbinate.
La stessa scena, derivata dallo stesso modello, si trova su una coppa a lustro datata" 1535" (Londra, Wallace Collection, inv. IIIA39, in A.V.B. Norman, Wallace Collection Catalogue of Ceramics I, Londra 1976, n. C90, pp. 184-185).


CASTELDURANTE, CIRCA 1525-1535

 

3. COPPA

Maiolica

Diam. cm 30; h. cm 6,6

Colori: blu, verde, giallo, bruno, tocchi di bianco
Cons.: buona, piccola lacuna al piede e al bordo


La coppa, su basso piede e con la parete incurvata verso l'alto, reca l'immagine a mezzo busto di una donna con un turbante, dietro la quale si snoda un cartiglio con scritto "LIONORA / BELLA". Sul retro,
filetto giallo attorno al bordo e al piede.

Questa affascinante tipologia ceramica, che vede immagini di donna (più raramente maschili o di coppie) accompagnate dal nome e dall'appellativo "Bella", talvolta abbreviato, era diffusa probabilmente in tutti i centri del ducato di Urbino. Le coppe costituivano un omaggio che i giovani facevano all'innamorata. Non si tratta però di veri e propri ritratti, poiché gli stessi modelli vengono utilizzati ripetutamente cambiando il nome e qualche particolare decorativo. Una "Lionora Bella" dalla fisionomia estremamente simile a questa, ad esempio, con piccole varianti nell'abito e nella disposizione delle lettere entro il cartiglio, si trova nelle collezioni del Musée de La Renaissance a Ecouen (inv, Clun7552, in J. Giacomotti, Les majoliques des musées nationaux, Parigi 1974, n. 804, pp. 245-246). Non mancano "Belle" su piatti o addirittura su forme chiuse, tuttavia nel ducato di Urbino viene utilizzata di preferenza la coppa. La tradizionale attribuzione della tipologia pressoché in esclusiva a Casteldurante non può più a lungo essere sostenuta. Tuttavia le "Belle" vi furono sicuramente prodotte, come documentano i reperti di scavo, forse anche nella bottega del "Pittore in Casteldurante", con il quale alcune mostrano analogie stilistiche. Quanto alla cronologia, il primo esemplare a noi noto recante una data si trova nel Museo Civico di Pesaro, e fu eseguito nel 1522 (M. Mancini Della Chiara, Maioliche del Museo Civico di Pesaro) Regione Marche e Comune di Pesaro, 1979, n. 105). L'uso però deve essersi protratto fin oltre la metà del secolo, poiché la "Madalena Diva", già nella collezione Sackler, è datata "1547" e il "Francesco d'Lore(n)zodel Victoria and Albert, assimilabile alla tipologia, è datato "1559" (Christie's, New York, Important Italian Maiolica From The Arthur M. Sackler Collections, October 6, 1993, n. 27; B. Rackham, Catalogue of Italian Maiolica) Londra 1940, n. 592).

Bibl.: Christie's, Londra, Continental Ceramics, 2 luglio 1990, n. 197; Drouot-Richelieu, Parigi, 5 luglio 1991, n. 16.


CASTELDURANTE ° DUCATO DI URBINO, CIRCA 1530-1540


 

4. ALBARELLO

Maiolica

H. cm 15; diamo orlo cm 9,2; diamo max cm 10 
Colori: blu, verde, giallo, giallo arancio

Cons.: buona


L'albarello ha spalle angolate, accentuata rastremazione centrale, piede a disco e breve collo svasato. Nella parte mediana si svolge un cartiglio dalle estremità arricciolate, con su scritto in caratteri gotici "E.LL.D.PSILIO". È sormontato da uno stemma su cui è raffigurata una mano destrà che regge un rametto, affiancata dalle lettere "A" e "M".

L' albarello fa parte di un gruppo attribuito generalmente a produzione durantina, caratterizzato da forma simile, con largo cartiglio dalle estremità arricciolate e colorate, entro il quale la scritta è per lo più in gotico. Variano gli emblemi, denotando corredi destinati a spezierie diverse: un leone rampante (Limoges, Musée Adrien Dubouché, inv. 5448, in J. Giacomotti, Les majoliques des musées nationaux, Parigi 1974, n. 789; Londra, Victoria and Albert Museum, in B. Rackham, Catalogue of Italian Malollca, Londra 1940, n. 618), un gallo (v. scheda seguente), ramoscelli di ulivo incrociati (Faenza, Museo Internazionale delle Ceramiche, inv. 6287, in C. Ravanelli Guidotti, Donazione Paolo Mereghl; 1987, n. 87; V. anche C.D. Fuchs, Ma lo lich e istoriate rinascimentali del Museo statale d'arte medioevale e moderna di Arezzo, Arezzo 1993, n. 268), il Trigramma Bernardiniano (C.D. Fuchs, op. cit., n. 266). Alcuni frammenti di scavo confermano l' attribuzione durantina di questa tipologia, anche se oggetti simili venivano probabilmente prodotti in altri centri del ducato, e le stesse forme si trovano anche nella ceramica eugubina. L'albarello era destinato a contenere Elettuario di psillio, plantago Psyllium, le cui foglie si credevano astringenti ed efficaci contro la dissenteria, le emorragie, le infiammazioni, mentre i semi hanno proprie emollienti (Medicamento, Milano 1924, p. 1020). Gli elettuari sono miscugli di polpe, estratti, polveri di sali, vegetali, ecc. impastati con sciroppo, miele o resine liquide.

 


5. ALBARELLO


Maiolica

H. cm 30; diamo orlo cm 16; diamo max cm 20
Colori: blu, verde, giallo, giallo arancio

Cons.: incrinatura


L'albarello ha spalle angolate, rastremazione centrale, breve collo svasato. Attorno alla parte mediana si svolge un cartiglio dalle estremità arricciolate, entro il quale è la scritta, in caratteri gotici, "MIRLI.CITRINI". Sopra di esso è un gallo su una zolla erbosa, sotto un emblema farmaceutico sormontato da doppia croce e tripartito, con all'interno le lettere "M",''l'', "B".

Per la tipologia, V. scheda precedente. L'emblema non è stato identificato, e non è quindi possibile conoscere la committenza del corredo, che conta numerosi altri esemplari. Il contenuto dell' albarello era costituito da mirabolani citrini, che, come dice il Calestani, " ... confortano lo stomaco, il fegato, e il cuore. Fanno buon colore, rendono buono odore di tutto 'l corpo. Generano allegrezza, ringioveniscono, conferiscono all'hemorrhoidi, all' acuità della colera, e alla melanconia" (Dalle Osservazionidi GirolamCalestani parmigiano, In Venezia appresso Francesco Senese, MDLXXV, p. 172). I mirabolani sono frutti indiani che possono essere di cinque specie: citrini, chebuli, indi, bellirici e emblici (ib.) p.24).

 


CASTELDURANTE, PRIMA METÀ SECOLO XVI

 


6. PIATTO

Maiolica

Diam. cm 30; h. cm 5

Colori: blu, verde, giallo, giallo arancio, bruno
Cons.: buona


Il piatto è ornato con un intreccio di rami di quercia, con foglie e ghiande, che si sviluppano da un nodo centrale. Il retro non reca decorazione.

Il Piccolpasso riferisce che l'ornato a "cerquate", ossia a rami di quercia incrociati, era molto usato nel ducato di Urbino quale omaggio alla famiglia Della Rovere, "all' ombra della quale vivemo lietamente", tanto che la si sarebbe potuta chiamare "pittura all'urbinate". Una data precoce, "1526", si trova su un esemplare a lustro dell'Ermitage di San Pietroburgo (A.N. Kube,Itaùan maiolica, XV-XVIII Centurtes, Mosca 1976, n. 62), ma le "cerquate" dovettero restare in uso fin oltre la metà del secolo.
Per esemplari con analoga decorazione cfr., ad esempio, B. Rackham, Catalogue 0/ ltalian MazòÙea, Londra 1940, nn. 1015 e 1017,597 e 598,604 e 605; ]. Giacomotti, Catalogue des majoliques des musées nattonaux, Parigi 1974, nn. 785-787, e T. WilsonCeramic Art 0/ the Italian Renaissance, Londra 1987, n. 125, p. 83.


CASTELDURANTE, CIRCA 1530-1550

 

7. COPPA

Maiolica

Diam. cm 24; h. cm 6,5

Colori: blu, verde, giallo, giallo arancio, bruno
Cons.: buona


La coppa, su basso piede, ha la parete baccellata (crespina) e il centro bombato. Al centro, entro utondo, è raffigurato un putto alato che gioca con una cardi cella alla cui estremità è legato un amo. Tutt'attorno si dispongono rami di quercia disposti entro quartieri. Banda gialla attorno al retro.

Per l'uso delle" cerquate" nel ducato di Urbino, vnote alla scheda precedente. Questa volta i rami di quercia sono distribuiti radialmente entro quartieri, e la coppa trova un preciso riferimento cronologicin un esemplare del tutto simile, ma con un trofeo acentro, sul quale èla data "1577" (Christie's, RomaImportanti Maiolzche Porcellane Europee ed Orientali, 9 maggio 1990, n. 58, p. 20). Per esemplaranaloghi, cfr. Braunschweig, Herzog Anton UlricMuseum, inv. 60, in J. Lessmann, ItalienischMajoltka) Braunschweig 1979, n. 123. Cfr. anche il putto al centro del piatto scheda n. 16, con tesa e trofei, datato "1578".


CASTELDURANTE, CIRCA 1570-1580


8. PIATTO


Maiolica

Diam. cm 18; h. cm 3,5

Colori: blu, verde, giallo, giallo arancio, bruno,
tocchi di bianco

Cons.: buon

 

Il piatto reca l'immagine del dio Nettuno, raffigurato col tridente assieme al suo animale sacro, il cavallo. Davanti è disteso un vecchio con un vaso da cui esce l'acqua, allegoria di un fiume. Sullo sfondo è un braccio di mare, in alto è uno stemma sormontato da un braccio che impugna una spada, e da un cartiglio con la scritta" SAPIENS DOMINABITVR ASTRIS". 

Sul retro si trovano la scritta corsiva "Netun" in blu, e tre bande concentriche gialle.

Il piatto allude a un episodio della contesa fra N ettuno e Atena per il possesso dell' Attica: il dio offre in dono il cavallo, ma Cecrope gli preferisce l'ulivo di Atena perché più utile. Il motto è tratto dagli Emblemata di Andrea Alciati (Venezia 1534) e completo suona "AsTRA REGUNT HOMINES, SAPIENS DOMINABITUR ASTRIs, ET POTERIT NOTIS CAUTIOR ESSE MALIS". Il soggetto, con diversa iconografia, appare su un piatto con identico stemma pubblicato da T. Hausmann (Majoltka und Fayence, Vermachtnis Rolf Labr, Berlino 1986, n. 23, pp. 37-39), alla cui scheda rimandiamo per un elenco degli esemplari noti del servizio, ai quali vanno aggiunti quello pubblicato in Christie's, Roma, Importanti maiolicbe e porcellane ... , 25-27 maggio 1983, con la contesa fra Apollo e Marsia, e un altro, in collezione privata, con la scritta "Venera e Cupido" (G. Asioli Martini, Una marca, una data, un capolavoro, Faenza 1992, pp. 14-15). Due piatti del servizio recano la data" 1551": il primo, con il sacrificio di Marco Curzio, si trova al Museo Civico Medievale di Bologna (C. Ravanelli Guidotti, Ceramiche occidentali del Museo Civico Medievale di Bologna, Bologna 1985, n. 93); l'altro, col sacrificio di Isacco, si trova a Brescia (v. id., Lceramiche delle collezioni rinascimentali, in C. Stella, Ceramiche nelle Civiche Collezioni Bresciane, Bologna 1988, n. 14 B, p. 128). Il pittore, che traccia le sue figure in modo rapido e un po' corsivo, è stato da J ohanna Lessmann identificato con Andrea da Negroponte, il cui nome compare sul retro di una crespina nel Museo di Arezzo con la gara di Apollo e Marsia (C.D. Fuchs, Maioliche istoriate rinascimentali del Museo statale d'arte medioevale e moderna di Arezzo, Arezzo 1993, n. 217, p. 233) e che è anche autore di una serie di albarelli che ne attestano la provenienza durantina (v. scheda seguente).

 

CASTELDURANTE,ANDREA DNEGROPONTE, CIRC1550


9. ALBARELLO


Maiolica

H. cm 24; diamo cm 12; diamo orlo cm 10
Co
lori: blu, verde, giallo, giallo arancio, bruno
Cons
.: buona


L'albarello ha spalle angolate, accentuata rastremazione centrale, piede a disco e orlo estroflesso. Nella parte anteriore è raffigurata una divinità marina femminile e tre delfini (Galatea?), e in basso un cartiglio con la scritta "HIERA. PRIGRA.
G
ALIENI". Nella parte posteriore è invece uno stemma sorretto da due putti, con un bue davanti a una torre, il tutto attraversato da una banda rossa. A ttorno al collo sono raffigurati a mezzo busto una divinità e due cavalli marini, circondati da frutta, e attorno alla base un mascherone e dei trofei.

La Hiera (in greco "santa") era un elettuario purgante. La Hiera contenuta in questo albarello è "picra", cioè amara, per l'aggiunta di aloe in doppio peso rispetto a ciascuno degli altri otto ingredienti, e la sua ricetta veniva fatta risalire al medico Galeno (A. Corradi, Le prime farmacopee italiane, Milano 1887, p. XI). L'albarello appartiene a un corredo da farmacia che comprende anche numerosi vasi a balaustra, tutti contrassegnati dallo stesso stemma, per il quale è stata proposta l'associazione con le famiglie romagnole Della Torre e Torelli (G. Gardelli, A gran fuoco, Urbino 1987, p. 24). Alcuni esemplari del corredo sono ornati a grottesche e trofei, altri recano storie dipinte nello stile di Andrea da Negroponte (v. scheda precedente). Sono datati" 1563" un vaso a balaustra e un albarello del Museo Civico di Pesaro (M. Mancini Della Chiara, Mazòliche del Museo Civico di Pesaro, Regione Marche, Comune di Pesaro 1979, nn. 236 e238), mentre la data "1541" riportata dalla Giacomotti per un albarello del Louvre (inv. OA 1892, J. Giacomotti, Catalogue des majoliques des mues nationaux, Parigi 1974, n. 792) è stata messa in questione dal Mallet, che la legge invece" 1562" o "63" (R. Drey, Pots de pbarmacie du duché d'Urbino à décor dit "istoriato", in "Revue d'Histoire de la Pharmacie", n. 32, 1985, p. 12). Timothy Wilson ci comunica che, su un albarello dello stesso corredo nella collezione Bayer è scritto il nome di Ludovico Picchi, menzionato nei documenti assieme a Ubaldo della Murcia e Simone da Colonnello per grosse ordinazioni di vasellame da farmacia da esportarsi forse in Palermo (A. Ragona, Maiolicbe casteldurantine del sec. XVI per un committente siculo-genovese, in "Faenza", LXII,5-6, 1976, pp. 106-109). L'albarello in esame è dunque con ogni probabilità da attribuirsi a una di queste botteghe.


CASTELDURANTE, LUDOVICO PICCHI O SIMONE DA CO-
L
ONNELLO, CIRCA 1563


 

10. PIATTO

Maiolica

Diam. cm 22; h. cm 2
Colori: blu, grisaglia, bruno
C
ons.: buona


Il piatto reca al centro, entro un tondo, un profilo maschile, alcuni trofei e un cartiglio sul quale è scritta la data "1541". Tutt'intorno alla tesa si dispongono trofei d'arme fra cui spiccano scudi, un elmo, una spada, un guanto. Il retro è privo di decorazione.

Questo esemplare, di notevole finezza esecutiva, sembra essere molti vicino ai modi di un piatto con profilo femminile e tesa a grottesche e trofei del Museo Internazionale delle Ceramiche di Faenza (inv. 24935, in C. Ravanelli Guidotti, La Donazione Angiolo Fanfani, Faenza 1990, n. 116, pp. 210-211), cronologicamente collocato attorno al 1525 circa per analogie con altri piatti simili datati" 1526" o "1528" (cfr. ad esempio il piatto della WallacCollectionin A.V.B. Norman, Catalogue of Ceramics l, Londra 1976, n. C42). L'attribuzione tradizionale di questi piatti a Casteldurante seguiva quella a NicolòPellipario (v., ad esempio, G. Polidori, Niccolò Pellipario e le Belle di Pesaro e di altrove, in Studi Artistici Urbinati, vol. II, 1956, pp. 57-70). Attualmente si tende a lasciarli a Casteldurante perché trofei e grottesche simili sono testimoniati da qualche frammento di scavo locale. Interessante poi l'ipotesi di affinità stilistica con il Pittore "In Casteldurante", e con i vasi della bottega di Sebastiano di Marforio nell' esecuzione dei mostri e delle ghirlande (R. Gresta, Ne la botega de Sebastiano de Marforio: nuove ipotesi sul Pittore "In Castel Durante", in "CeramicAntica", a. 5, n. 7,1995, pp. 33-53).
Conferma a nostro avviso l'attribuzione durantina il trovare analogie con opere a lustro eseguite presso la bottega di maestro Giorgio da Gubbio, che si serviva di decoratori durantini (ad esempio il piattcon" Silvia" del Petit Palais datato" 1531" ,in C. Join Dieterle, Catalogue des ceramiques I, Parigi 1984, n. 44, p. 146, o quello del Museo di Arezzo con "Rugiere" datato" 1531", in C.D. Fuchs, Maiollche istoriate rinascimentali del Museo statale d'arte medioevale e moderna di Arezzo, Arezzo 1993, n. 27 6). 

Particolarmente importante è, nel piatto in esame, la data" 1541", che prolunga verso la metà del secolo questo gruppo di opere. Tipologie simili sono state eseguite in ambito veneziano, probabilmente da vasai provenienti dalle Marche (v. il gruppo col retro "alla porcellana", in J. Lessmann, Heriog Anton Ulrich Museum Braunscbuieig, ltalieniscbe Majollka, Katalog der Sammlung, Brunswick 1979, nn. 549-554).


CASTELDURANTE, 1541

 

 

11. PIATTO

Maiolica

Diam. cm 23,5; h. cm 3,2

Colori: blu, grisaglia, giallo, graffiture sul blu
Cons.: incrinatura sulla tesa


Il piatto non ha dislivello fra tesa e cavetto (tagliere).
La decorazione consiste in trofei d'arme, che si dispongono attorno a un trofeo centrale.

Questa versione dell' ornato "a trofei", con ornbreggiature in "grisaille" rialzate da tocchi di un giallo vivace, e con arabeschi grafici quasi cornpendiari sul fondo blu intenso, movimentato dai riccioli
graff
iti fino a scoprire il bianco della maiolica sottostante, è comunemente attribuita alle botteghe durantine. Solitamente i trofei con questa stilizzazione recano date attorno alla metà del secolo (v. ad esempio la fiasca datata "1541", in C.D. Fuchs, Maioliche istoriate rinascimentali del Museo statale d'arte medioevale e moderna diArezzo, Arezzo 1993, n. 257, o il piattello con amorino al centro del British Museum di Londra, datato "1540", in T. Wilson, Ceramic Art 01 the ltalian Renaissance, Londra 1987, n. 123, p. 121).


CASTELDURANTE, CIRCA 1540-1560


 

12. PIATTO

Maiolica

Diam. cm 21; h. cm 2,8

Colori: blu, giallo, bruno, graffiture sul blu
Cons.: buona


Il piatto ha minimo dislivello fra tesa e cavetto (tagliere). L'ornato consiste in una serie di trofei d'arme che si dispongono attorno a un trofeo centrale. Il retro è privo di decorazioni.

La somiglianza della forma, 1'ottima fattura e la notevole freschezza nel1' esecuzione pittorica, in particolare degli scudi mistilinei, fa propendere per una datazione molto vicina a quella del piatto n. 10alle cui note rimandiamo.


CASTELDURANTE, CIRCA 1540-1550


 

13. COPPA

Maiolica

Diam. cm 21; h. cm 6,4

Colori: blu, giallo, giallo-bruno, bruno, graffiture
sul blu

Cons.: buona


La coppa, su basso piede, ha la parete baccellata (crespina). Al centro, entro un tondo, è un trofeo d'arme.

Tutt' attorno si dispongono altri trofei fra cui spiccano scudi, flauti, tamburi, elmi, conchiglie e un cartello con le iniziali "SPQR". Retro privo di decorazione.

La stilizzazione dell' ornato, particolarmente grafica e insistita, in cui la grisaille vira in intensi toni di giallo, e l'esecuzione ancora molto accurata nonostante gli elementi si infittiscano in una sorta di "horror vacui", fanno propendere per una data più tarda rispetto agli esemplari a trofei delle schede precedenti. Non è però ancora acquisita la caratteristica sfumatura rossiccia, che i trofei assumonverso il 1570.

Bibl.: Christie, Manson & Woods, Londra, Fine Continental pottery and Italian maiolica, 24 novembre 1980, n. 191, p. 40.


CASTELDURANTE, CIRCA 1555-1560 


 

14. PIATTO

Maiolica

Diam. cm 23,5; h. cm 4

Colori: blu, verde, giallo, giallo arancio, bruno,
g
raffiture sul blu

Cons.: buona


Il piatto reca al centro, entro un tondo, un putto che cammina su un prato fra due arboscelli privi di foglie, reggendo sul capo un cesto carico di frutti.
Tu
tt'attorno si dispongono trofei d'arme fra cui scudi, elmi e tamburi. Il retro è privo di decorazione.
Putti su fondo giallo intenso si trovano su frammenti di scavo da Casteldurante, ma con tutta probabilità furono prodotti anche a Urbino e in altri centri del ducato. L'esemplare in esame ci sembra avere caratteri durantini per la tipologia dei trofei, che compaiono simili anche su un piattello con al centro lo stemma di Niccolò Agostini da Fabriano datato "1530" (Musée Lyonnais des Arts Decoratifs, inv. 1996). Anche i cespugli neri privi di foglie e il motivo del cesto di frutti compaiono nei frammenti durantini. Per un ulteriore riferimento cronologico, cfr. i piattelli con putti molto simili datati" 1540" del Kunstgewerbemuseum di Berlino, in T. HausmannMajolzka, Berlino 1972, nn. 184 e 185, pp. 251-253.


CASTELDURANTE O URBINO, CIRCA 1530-1550

 

 

15. PIATTO

Maiolica

Diam. cm 21; h. cm 2

Colori: blu, verde, giallo, giallo arancio, bruno,
graff
iture sul blu

Cons.: buona


Il piatto reca al centro, entro un tondo, un putto in piedi su un prato, con un uccello nero in una mano e una lancia nell' altra. Davanti a lui è un arbusto privo di foglie. Tutt'attorno si dispongono trofei d'arme, fra cui tamburi, faretre, scudi e un cartello con la data "1559". Retro privo di decorazione.

La tipologia decorativa è riferibile a quella della scheda precedente, anche se qui l'esecuzione è più rapida e il putto ancora delineato ma quasi compendiario. Trofei in stilizzazione molto simile, con le stesse linee a spirale attorno alle faretre, compaiono in un piatto dell'Herzog Anton Ulrich Museum di Braunschweig (Inv. n. 1.3, in J. Lessmann,Italienische Majolika, Braunschweig 1979, n. 100, p. 147).


CASTELDURANTE, 1559


 

16. PIATTO

Maiolica

Diam. cm 22; h. cm 2,7

Colori: blu, verde, giallo, giallo-bruno, bruno,
graffi
ture sul blu

Cons.: buona


Il piatto reca al centro, entro un tondo, un putto alato che saltella su un prato, con una freccia in mano. Tutt'attorno si dispongono trofei d'arme, fra cui tamburi, elmi, scudi e un cartello con la dat"1578". Il retro è privo di decorazione.
L
'evoluzione del tratto e della pennellata portano ormai verso uno stile parallelo al compendiario. I trofei assumono un tono decisamente marrone rossiccio, privo di sfumature grisaille, in sintonicon quanto avviene in esemplari coevi (v. ad esempio il corredo con la Fortuna, schede 18-23). Con questa colorazione essi compaiono su frammenti di scavo provenienti sia da Castel durante che da Pesaro (cfr. quelli della donazione Carlo Federico Bonini del Museo internazionale delle ceramiche di Faenza).


CASTELDURANTE, 1578

 

 

17. PIATTO

Maiolica

Diam. cm 22,5; h. cm 3,2

Colori: blu, verde, giallo, giallo-bruno, graffiture sul
blu

Cons.: buona


Il piatto reca al centro, entro un tondo, un putto alato che saltella su un prato, con un'asta in mano.
Tutt' attorno si dispongono trofei d'arrne, fra cui armature, elmi, scudi. li retro è privo di decorazione.

Il piattello appare della stessa mano del precedenteforse di qualche anno più tardo. La forma e le ombreggiature dei trofei sono infatti meno compatte, e anche il putto è delimitato da una linea schizzata e poco definita. Cfr. il piattello, assai simile, demuseo Herzog Anton Ulrich di Braunschweig (in].
Lessmann, Italienische Majolika, Braunschweig 1979,n. 131,p. 161).


CASTELDURANTE, CIRCA 1580-1630

 

 

18, 19. ALBARELLI


Maiolica

H. cm 19; diamo cm 12,4; diamo orlo cm 9,5
Co
lori: blu, verde, giallo, giallo arancio, bruno,
tocchi di bianco, graffiture sul blu

Cons.: buona


L'albarello ha spalle arrotondate, rastremazione centrale, piede svasato, breve collo. La raffigurazione principale consiste nell'allegoria della Fortuna, rappresentata come una donna nuda dai lunghi capelli, in piedi sopra un delfino, in atto di reggere una vela. Sotto di lei è un cartiglio con la scritta "DIA. CVRCVMA". Il resto della superficie è occupato da trofei d'arrne, fri quali è un cartello con la data" 1579".

L'albarello appartiene a uno dei più importantcorredi farmaceutici cinquecenteschi, formato anche da bottiglie, vasi e versatori, la cui committenza non è stata individuata. L'iconografia deriva probabilmente da stampe cinquecentesche di Baccio Baldini o di Nicoletto da Modena, e ricorre simile anche su un piatto del Royal Scottish Museum di Edimburgo che reca dietro la scritta "Fuortuna". Le date che vi ricorrono sono il 1579 e il 1580, l'attribuzione  radizionale è a Casteldurante, benché frammenti con l'identica stilizzazione dei trofei siano stati ritrovati anche nel sottosuolo di Pesaro. Per altri esemplari dello stesso corredo, v.]. Giacomotti,
Catalogue des majoliques des musées nationaux, Pari1974, nn. 979-992. Per un possibile collegamento con la città di Fano, V. nota n. 31. La "Curcuma longa", di cui è fatto il medicamento contenuto
ne
ll' albarello, è una pianta comune nell' Asia meridionale' chiamata anche "zafferano d'India", usata come aromatico, eccitante e diuretico.

Cfr. Disegni, fonti, ricerche per la maiolica rinascimentale di
Casteldurante, a cura di G. C. Bojani e J. T. Spike, Ancona, Il Lavoro Editoriale 1997, p. 107 e sgg.

L'albarello ha spalle arrotondate, rastremazione centrale, piede svasato, breve collo. La raffigurazionprincipale consiste nell'allegoria della Fortuna, rappresentata come una donna nuda dai lunghi capelli, in piedi sopra un delfino e che regge una vela. Sotto di
essa è un cartiglio con la scritta "V. DE. CONTESSA". Il resto della superficie è occupato da trofei d'arrne, fra i quali è un cartello con la data "1579".

L'albarello appartiene allo stesso corredo di quello alla scheda precedente, alle cui note rimandiamo.
L
"'Unguento della contessa", che prende il nomdalla Contessa di Vadra (XV secolo), aveva proprie-
t
à astringenti, in quanto composto di polvere di cortecce di ghiande, querce, galle, ecc. Si faceva risalire a Gugliemo di Varignana, dello Studio di Bologna, autore diSecreta sublimiaad varios curandos
morbos.


CASTELDURANTE, 1579


 

20. BOTTIGLIA

Maiolica

H. cm 22; diamo cm 16; diamo orlo cm 8

Colori: blu, verde, giallo, giallo arancio, bruno,
toc
chi di bianco, graffiture sul blu

Cons.: buona


La bottiglia ha corpo globulare, piede svasato, alto collo con orlo svasato. La raffigurazione principale consiste nell'allegoria della Fortuna, rappresentata come una donna nuda dai lunghi capelli, in piedi sopra un delfino e che regge una vela. Sotto di essa è un cartiglio con la scritta" A. DE. BETHONICA". Il resto della superficie è occupato da trofei d'arme. Per il corredo cui la bottiglia appartiene, V. scheda n. 18. Il contenuto eral' Acqua di Betonica (Betonica
officinalis), pianta erbacea comune con proprietà starnutatorie.


CASTELDURANTE,1579-1580


 

21. VERSATORE


Maiolica

H. cm 29 (con coperchio); diamo base cm 9,5
Col
ori: blu, verde, giallo, giallo arancio, bruno,
tocchi di bianco, graffiture sul blu

Cons.: buona


Il versatore ha corpo ovoidale, piede svasato, collo cilindrico con coperchio a cupoletta, becco a tubetto e ansa a nastro verticale ad esso contrapposta. La raffigurazione principale, che occupa l'ansa e lparte posteriore, consiste nell' allegoria della F ortuna, rappresentata come una donna nuda dai lunghi capelli, in piedi sopra un delfino e che regge una vela. Sotto di essa è un cartiglio con la scritta "OCANBVCINO". Il resto della superficie è occupato da trofei fra i quali, sul piede, è un cartello con la data "1579".

Per il corredo cui il versatore appartiene, V. scheda n. 18. Il contenuto era probabilmente l'Olio  sambucino o sambuchino, ottenuto dai fiori del "Sambucus nigra", con proprietà diaforetiche, lassative e diuretiche.


CASTELDURANTE, 1579


 

22. VASO

Maiolica

H. cm41 (con coperchio); diamo basecm 12,5; diamo
orlo cm 11,2

Colori: blu, verde, giallo, giallo arancio, bruno,
tocchi di bianco, graffiture sul blu

Cons.: lacuna al piede, pomello del coperchio
riattaccato


Il vaso ha corpo ovoidale, piede svasato, collo cilindrico con coperchio a cupoletta, due anse nastro verticali contrapposte. La raffigurazione principale consiste nell' allegoria della Fortuna, rappresentata come una donna nuda dai lunghi capelli, ipiedi sopra un delfino e che regge una vela. Sotto di essa è un cartiglio con la scritta "SY. DE. Crcon". Iresto della superficie è occupato da trofei fra i qualisul piede, è un cartello con la data "1579". Per il corredo cui il vaso appartiene, V. scheda n. 18. Il contenuto era lo Sciroppo di cicoria, o Giulebbe di iccolò Fiorentino, ottenuto dal "Cichorium intybus", con proprietà depurative e toniche.

 

CASTELDURANTE, 1579


 

23. VASO


Maiolica

H. cm 40 (con coperchio); diamo base cm 13 ,3; diamo
orlo cm 11,7

Colori: blu, verde, giallo, giallo arancio, bruno,
tocchi di bianco, graffiture sul blu

Cons.: coperchio frammentato e ricomposto con
r
eintegrazioni


Il vaso ha corpo ovoidale, piede svasato, collo cilindrico con coperchio a cupoletta, due anse a nastro verticali contrapposte. La raffigurazione principale consiste nell' allegoria della Fortuna, rappresentata come una donna nuda dai lunghi capelli, ipiedi sopra un delfino e che regge una vela. Sotto di essa è un cartiglio con la scritta "NOCE. CONF". Il resto della superficie è occupato da trofei.

Per il corredo cui il vaso appartiene, V. scheda n. 18.
Quanto al contenuto, si tratta probabilmente di confezione di noci. L'Auda, fra le "confettioni nostrane frequenti", cita infatti le Noci verdi conditecui venivano aggiunti chiodi di garofano e miele, che erano buone per lo stomaco (F,D. Auda, Pratica de' spetiali, Venezia 1670, pp. 269-270).


C ASTELDURANTE , 1579-1580

 

 

24. VERSATORE


Maiolica

H. cm 24; diamo base cm 10,5; diamo orlo cm 10,1
Co
lori: blu, giallo, giallo-bruno, bruno, graffiture
sul blu

Cons.: buona, il beccuccio è tagliato


Il versatore ha corpo globulare, alto piede svasato, collo cilindrico ad orlo estroflesso, becco a tubetto e ansa a nastro verticale ad esso contrapposta. La raffigurazione principale, che occupa l'ansa e lparte posteriore, consiste in un angelo in piedi, aureolato, con un globo crucifero in mano e un' asta nell' altra. Sotto di essa è un cartiglio con la scritta "O. DE. AMANDO. D", sotto ancora un segno di fondaco tripartito con all'interno suddivise le lettere "c. R. D.". Il resto della superficie è occupato da trofei d'arme.

Il versatore appartiene a un corredo caratterizzato da identico emblema, la cui committenza non è statidentificata. Per quel che concerne la cronologiasono noti esemplari datati "1614", che forniscono un preciso punto di riferimento a tutto il gruppo.
U
no di essi si trova nel Museo internazionale dellceramiche in Faenza (Inv. 21930, in Bojani, Ravanelli, Fanfani, La donazione Galeazzo Cora, Milano 1985, n. 317, p. 132). La collocazione del cartiglinella parte posteriore rende più agevole allo speziall'uso dell'oggetto. Il contenuto era l'Olio di mandorle dolci, usato come emolliente.


CASTELDURANTE, PROBABILMENTE 1614


 

25. VERSATORE


Maiolica

H. cm 23; diam. base cm 10

Colori: blu, verde, giallo, giallo-bruno, bruno,
graffit
ure sul blu

Cons.: buona


Il versatore ha corpo ovoidale, piede svasato, collo cilindrico, becco a tubetto e ansa a nastro verticale ad esso contrapposta. La raffigurazione principaleche occupa l'ansa e la parte posteriore, consiste iuno stemma miniato sormontato da un elmo, affiancato dalle lettere "P" e "G". Sotto di essa è un cartiglio con la scritta "OÀ'IML. Zvc. No". Il resto della superficie è occupato da trofei d'arme.

Il versato re appartiene a un corredo di cui sono noti anche bottiglie e albarelli, e il cui stemma non è stato identificato.

Un albarello della collezione RolfLahr datato" 1630e una bottiglia del Victoria and Albert Museum di Londra datata "1638" forniscono un preciso riferimento cronologico (T. Hausmann, Majolzka und Fayence- Vernactuis Rolf Labr, Berlino 1986, n. 25; B. Rackham, Catalogue of Italian maiolica, Londra 1940, n. 1018), e mostrano come perduri a lungo nell' area durantina l'uso dei trofei su fondo blu con i nastri graffiti, sia pure in forme sempre meno accurate. Il contenuto era l'Ossimele zuccherinocomposto di aceto forte, miele, acqua e zucchero.


CASTELDURANTE,1630-1640


 

26. BOTTIGLIA

Maiolica

H. cm 24; diamo base cm 9,3; diamo orlo cm 7,4
Colori: blu, verde, giallo, giallo-bruno, bruno,
graffiture sul blu

Cons.: buona


La bottiglia ha corpo globulare, piede svasato, alto collo con orlo svasato. Vi è rappresentato uno stemma miniato, sormontato da elmo piumato e affiancato dalle lettere "P" e "G". Sotto è un cartiglio nel quale è scritto, in caratteri capitali, "A. DEARTEMISIA". Il resto della superficie è decorato a trofei.

Per il corredo cui la bottiglia appartiene, V. scheda precedente. L'Acqua di Artemisia era a base di "Artemisia Vulgaris", tonica, stimolante, emmenagoga.


CASTELDURANTE, 1630-1640


 

27. ALBARELLO


Maiolica

H. cm 26 (con coperchio); diamo base cm 8,5
Colori: blu, verde, giallo, giallo-bruno, bruno,
graffiture sul blu

Cons.: buona; pomello del coperchio rifatto


L'albarello ha spalle arrotondate, rastremazioncentrale, piede a disco, breve collo con coperchio a cupoletta. La parte anteriore è delimitata mediantuna zona ovale decorata ad arabesco su fondo giallintenso, mentre il resto della superficie è a trofei.
N
ella parte mediana si svolge un cartiglio dalle estremità arricciolate con su scritto "c. D. VIOLE".
Si tratta anche in questo caso di una versione tarda dei trofei marrone- rossiccio su fondo blu. L' albarello era destinato a contenere Conserva di viole, con proprietà emollienti.


CASTELDURANTE, INIZIO SECOLO XVII


 

28. ALBARELLO

Maiolica

H. cm 19,8; diamo orlo cm 9; diamo base cm 9
Col
ori: blu, giallo, giallo arancio, graffiture sul blu
Con
s.: buona, sbreccature


L'albarello ha spalle angolate, lievissima rastremazione centrale, basso piede e breve collo svasati.
La decorazione consiste in trofei d'arme e in un cartiglio con la scritta "EL. INDV", ed è racchiusa entro una ghirlanda legata da lacci e percorsa da grandi fiori dentati con centro graffito. Nella partposteriore è effigiato un leone rampante con unspada in mano e la data" 1548".

L' albarello appartiene a un corredo da farmacia noidentificato, formato anche da versatori, i cui esemplari recano la stessa data e sono contraddistintdall'emblema del leone. Sono inoltre ornati da unparticolare versione del motivo "alla porcellana", con i grandi fiori di crisantemo graffiti in vario modo al loro interno. Non si tratta di produzione dCasteldurante, ma di qualche altro centro meridionale delle Marche ancora sconosciuto, oppure degli Abruzzi. È indubbio però che il corredo denota una forte influenza durantina, manifestatasi tramitl'esportazione dei manufatti o degli stessi operatori.
P
er un'analisi della questione, V. C. Fiocco, G. Gherardi, Alcune considerazioni sull'Orsmi-Colonna, zl seruizio B, II seruizio T e la "porcellana colorata"in "Faenza" LXXVIII, 1992,3-4, pp. 164-165.

 

ITALIA CENTRALE, 1548


 

29. ALBARELLO

Maiolica

H. cm 20,8; diamo orlo cm 9,6; diamo base cm 9,6
C
olori: blu, giallo, giallo arancio, graffiture sul blu
Con
s.: buona, sbreccature


L'albarello ha spalle angolate, lievissima rastremazione centrale, basso piede e breve collo svasati.
La decora
zione consiste in trofei d'arme e in un cartiglio con la scritta "DIANTHOS", ed è racchiusa entro una ghirlanda legata da lacci e percorsa da grandi fiori dentati con centro graffitoNella parte  posteriore è effigiato un leone rampante con una spada in mano e la data "1548".

L'albarello appartiene al corredo di cui alla scheda precedente. Il "Dianthos" di Niccolò rientra nellcategoria degli zuccheri, ed era composto da numerosi elementi fra cui fiori di rosmarino, rose, viole,
g
arofani, spigo, liquerizia, legno d'aloe, cardamomo, mescolati con miele. Serviva per i problemi di cuorel' elefantiasi, il catarro, e veniva servito con vino a chi non aveva febbre, con acqua fredda ai febbricitanti.


ITALIA CENTRALE, 154


 

30. VERSATORE

Maiolica

H. cm 23; diamo orlo cm 8,48; diamo base cm 10,8
Colori: blu, giallo, giallo arancio, graffiture sul blu
Cons.: buona, sbreccature


Il versatore ha ventre ovoidale su basso piede svasato, collo cilindrico ad orlo estroflesso, becco a tubetto legato al collo da un cordone intrecciato, ansa a nastro verticale contrapposta. La decorazione consiste in trofei d'arrne e in un cartiglio con la scritt"S. DI. PRASSIO", ed è racchiusa entro una ghirlanda legata da lacci e percorsa da grandi fiori dentati con il centro graffito. Sotto il beccuccio, entro uno scudo, è effigiato un leone rampante con una spada in mano. L'ansa termina con un motivo a foglia entro il quale è la data" 1548".

L'albarello appartiene al corredo di cui alla scheda n. 28. Il contenuto era lo Sciroppo di Prassio, "Marrubium vulgare", di uso popolare contro ltosse e ogni problema polmonare.


ITALIA CENTRALE, 1548


 

31. COPPA

Maiolica

H. cm ; diamo cm

Colori: blu, verde, giallo, giallo-arancio, bruno e
v
ioletto

Cons.: sbreccature

 

La coppa, su basso piede, ha la parete lievementconcava. Vi è raffigurata la Sacra Famiglia: sotto glocchi di Giuseppe, la Vergine alza il drappo mostrando il volto del Bimbo, adagiato in una cesta, una donna che reca in mano un dono.

I colori e lo stile dell' esecuzione rimandano allbottega di Ippolito Rombaldoni (1619-'79), attivo a Urbania e menzionato anche nella documentaziond'archivio. Di lui sono note alcune opere firmate per esteso: un vaso con l'allegoria dell'Innocenza e dellDiscrezione, datato 1678, conservato nel MuseInternazionale dell Ceramiche di Faenza (GLiverani, Museo Internazionale delle CeramicheFaenza, selezione di opere, in "Faenza" ,XLIX, 19631- 6 pp. 37-38); una alzata su basso piede con il trionfo di Flora a. Giacomotti, Les majoliques des musées nationaux, Parigi, 1974, n. 1366); una targa con la Madonna e il Bambino datata 1670 e desuntdal Barocci, nel Museo diocesano di Urbania (CLeonardi, Maiollca metaurense rinascimentale, barocca e neoclasstca, Urbania, 1996, n. 86, p. 104).
Altre opere, come ad esempio il piatto con la Carità romana del Museo civico medievale di Bolognasono soltanto siglate. Il Rombaldoni è un tardepigono del tradizionaleistoriato, peril quale attinge spesso a fonti importanti, e di cui rende il rilievo con un caratteristico tratteggio grafico che imita l'incisione. Le opere di tema sacro, e questa in particolare, sono pervase da un senso di religiosi intimistica e di affettuosa quotidianità, quale si ritrova nellincisioni di Elisabetta Sirani e di Lorenzo Loliprobabilmente ben note al ceramista in quantpresenti ad Urbania (B. Cleri, F. Paoli, Incisioni de'600, Urbino, 1992, p. 124, n. 108). È possibile che
l'esemplare in esame più che al Rombaldoni stesso sia da attribuirsi a un suo collaboratore, peraltrassai vicino, che accentua insistentemente alcuni effetti grafici laddove il maestro tende a sfumare con sensibilità più pittorica.

 

URBANIA, BOTTEGA DI IPPOLITO ROMBALDONI, CIRCA
1670-'79.


 

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